Cop21, Galletti: “l’obiettivo di lungo periodo deve essere di 1,5 gradi”

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La Cop21 volge al termine, ma l’accordo risponderà alle esigenze di tutti?

Domani terminerà la Cop21 e si attende con ansia l’accordo finale. Intanto è attesa per oggi pomeriggio, la nuova bozza. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti durante una intervista ad Avvenire dichiara che “un passo avanti, finalmente abbiamo un testo su cui discutere. Ma la soluzione finale potrà essere all’altezza solo se la politica a questo punto ci mette la politica. Che non vuol dire numeri, ma la responsabilità che ognuno si deve prendere per l’affermazione di quell’ecologia integrale che papa Francesco ci ha ricordato nella sua Enciclica. Ma l’accordo deve essere ambizioso. I due giorni che restano sono determinanti perché ogni Paese possa dimostrare quanto è disponibile a passare dalle parole ai fatti, che ora vanno messi nero su bianco“. Diversi sono i punti ancora da discutere, di cui “il primo è chi deve mobilitare le risorse. È chiaro che ci sono Paesi debitori verso altri perché di più hanno inquinato nel corso dei secoli e sono i Paesi industrializzati. Poi ci sono quelli in via di sviluppo. È giusto in questo momento che i primi mobilitino forti risorse, si tratta di 100 miliardi di dollari entro il 2020, per aiutare gli altri a portare a termine quegli impegni che hanno preso coi propri contributi nazionali. Ma non è solo un problema di risorse. Visto che questo è un accordo che dura fino al 2100, ci sono Paesi che in questi 85 anni cresceranno e potranno entrare così nella lista dei Paesi donatori“, spiega Galletti che continua dichiarando che “uno dei paradossi è che oggi noi siamo tra i Paesi industrializzati e aiutiamo Paesi in via di sviluppo che si chiamano Cina o Brasile che sono già o lo saranno presto delle grandi potenze. Quindi serve un meccanismo che permetta di definire bene quando è che un Paese diventa industrializzato. Un altro punto fondamentale è che questa mobilitazione di risorse vada veramente a finanziare le politiche nazionali per la riduzione del CO2″.

LaPresse/Reuters

Come è possibile farlo? “Ci vuole un sistema di controllo vincolante perché io sono disponibile a dare, però voglio essere sicuro che serva al fine che insieme abbiamo deciso di raggiungere. Serve un meccanismo di monitoraggio trasparente, non volontario ma vincolante, che ci permetta di vedere a che punto siamo. Certo ci sarà qualcuno non in grado di farlo perché ci sono paesi che come priorità non hanno l’emissione di CO2 ma la fame e la guerra. Pensiamo allora a un meccanismo flessibile, dinamico, che ci permetta nel corso dello sviluppo del protocollo di arrivare a questo risultato. Ormai non c’è più nessun ombrello, è il momento della responsabilità“. Non solo, “quando facciamo il conteggio di tutti i contributi nazionali non arriviamo all’obiettivo di limitare il surriscaldamento ad almeno 2 gradi, ma siamo ancora distanti, arriviamo a 2,7 forse addirittura a 3. Allora ci vuole più ambizione. Vuol dire che quando andremo a fare il monitoraggio dell’accordo dovremo scegliere ulteriori misure per arrivare ai 2 gradi. Poi c’è una posizione europea molto italiana. Noi continuiamo a dire che i 2 gradi non salvano tutti. L’obiettivo di lungo periodo deve essere di 1,5 gradi. Questo ci permette di fare un accordo veramente solidale e universale, perché così si salvano tutti, dalle piccole isole alle montagne più desertificate“. “L’Europa se vuole c’è, se marcia unita. E posso dire, dopo tre giorni trattative, che qui conta. Dovremmo farlo anche su altri temi“.  Il ministro esprime la sua opinione, anche sulle trivellazioni nell’Adriatico affermando che “sia chiaro, io vorrei un paese che va solo con le energie rinnovabili ma non vivo in quel paese. É un obiettivo, ci arriveremo tra alcuni anni, ma adesso importiamo ancora petrolio e gas. Faccio una domanda: è etico dire io del petrolio ho bisogno ma voglio usare quello degli altri e il rischio se lo prendano loro, soprattutto i più poveri, perché io i miei mari non li voglio toccare? Credo che non sia giusto. Non possiamo predicare bene e razzolare male“.

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