Il summit degli agricoltori riunitosi in occasione della Cop21, ha sottolineato che l’agricoltura è la principale vittima dei cambiamenti climatici
Il surriscaldamento globale non placa la sua ira. Le prime vittime sembrano essere banane, avocado e piante di cacao, che saranno coltivate in Italia. Il clima sta diventando più secco e questo sta creando problemi anche alle colture di orzo e luppolo per la birra in Belgio e Repubblica Ceca e anche ai produttori di champagne francesi, che saranno costretti a breve a spostare le coltivazioni in Inghilterra, dove si profila un clima ideale per questa produzione. Questo è quanto emerso dalla relazione della Coldiretti, riunitasi al summit mondiale degli agricoltori “Agricoltura e cambiamento climatico” di Parigi, dall’Organizzazione mondiale degli agricoltori, dal Comitato delle Organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea e dal Consiglio dell’agricoltura francese in occasione della COP21. “L’agricoltura e’ l’attivita’ economica che piu’ di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma e’ anche il settore piu’ impegnato per contrastarli” dichiara il presidente della Coldiretti e vice presidente del Copa ,Roberto Moncalvo. “Si tratta pero’ di una sfida per tutti che puo’ essere vinta solo se si afferma un nuovo modello di sviluppo piu’ attento alla gestione delle risorse naturali nel fare impresa e con stili di vita piu’ attenti all’ambiente nei consumi, a partire dalla tavola. Il riscaldamento del pianeta ha effetti anche sui prodotti tipici perche’ provoca il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Si e’ verificato nel tempo – continua la Coldiretti – anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che e’ arrivato alle Alpi. Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni piu’ soleggiati della montagna valtellinese e’ passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la meta’ della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee“, conclude la Coldiretti.