Anche se molto ricercati e costosi questi 10 cibi sono diventati controversi per via della loro produzione o per motivi culturali, quindi pensateci due volte prima di mangiarli
Ecco di seguito una classifica degli alimenti che per il metodo o per la loro insostenibilità di produzione, o addirittura per motivi puramente culturali, dovremmo riconsiderare nella nostra alimentazione. Ad esempio il tonno rosso, che rischia l’estinzione, o le pinne di squalo usate soprattutto in Cina, passando per la carne di cavallo, consumata soprattutto in Italia, ma che in altri paesi è un tabù. Vediamo quindi gli aspetti più oscuri che si celano dietro ciascun alimento.
- Delfini – si stima che ogni anno circa 23.000 delfini vengano brutalmente massacrati per essere consumati in Giappone. Un documentario del 2009 chiamato The Cove, mostra come scaffali dei supermercati della città nipponica di Taiji, siano pieni zeppi di prodotti a base di carne di delfino. Oggi il delfino, per via di questa caccia a dir poco barbara, è stata inserita tra le specie a rischio di estinzione.
- Carne di coniglio – In termini salutistici la carne di coniglio è sicuramente preferibile rispetto ad altri tipi, ma gli animalisti non sono d’accordo con ciò considerandolo come un animale domestico, al pari di cane e gatto. Negli allevamenti per conigli da carne gli animali sono tenuti sempre in gabbia e uccisi appena raggiungono i 2-3 kg di peso. I conigli femmine vengono utilizzate esclusivamente per sfornare una cucciolata dopo l’altra, vengono tenute sempre in isolamento e rimosse dalla loro gabbia solo per l’inseminazione artificiale o per essere macellate appena la loro capacità riproduttiva diminuisce. Si stima che i macelli attivi in Italia siano solo 32, ma in alcuni di essi si arriva ad uccidere più di 30.000 individui al giorno.
- Tonno rosso – “Il tonno rosso del Mediterraneo è ormai sull’orlo del collasso”, a dare la notizia è la nota associazione ambientalista Greenpeace, in cui in un comunicato afferma che il suo stock sia diminuito di circa l’80%. A peggiorare la situazione troviamo inoltre la pesca “clandestina” e l’uso di pratiche di pesca che causano la cattura di una moltitudine di specie o esemplari di nessuna interesse commerciale (definito con il termine di bycatch), tra cui troviamo esemplari giovani di tonno, contribuendo ancor di più al suo rischio d’estinzione.
- Pinne di squalo – Anche se difficilmente lo potremmo trovare sugli scaffali dei nostri supermercati, la pinna di squalo è un alimento molto apprezzato e diffuso in Oriente, tanto che la zuppa di pinne di squalo è considerata una vera e propria prelibatezza gastronomica. Per recuperare però questa “prelibatezza” ci si avvale di una pratica di rimozione particolarmente brutale. Appena pescato lo squalo viene privato delle pinne (questa pratica di esportazione viene chiama finning) e rigettato subito dopo in mare, spesso ancora in vita. L’animale, privato delle pinne, è destinato alla morte, in quanto facile preda degli altri animali. Ad oggi lo squalo è in pericolo di estinzione in Europa e in tutto il mondo: sono circa 100 milioni quelli che vengono uccisi ogni anno.
- Caviale di beluga – Definito anche con il nome di “oro nero”, è il caviale, che con il suo prezzo che può arrivare a quasi 10.000 euro al chilo, risulta essere il più costoso in assoluto. Nel 2005 lo United States Fish and Wildlife Service ha categoricamente proibito l’importazione di caviale Beluga dal Mar Caspio e dal Mar Nero, per ridurne il pericolo di estinzione.
- Bushmeat – Il termine Bushmeat significa “carne di foresta” e viene impiegato per indicare la carne degli animali selvatici terrestri uccisi nelle foreste tropicali di Asia, Africa e Sudamerica, o per sopravvivenza o per la vendita nei mercati locali. Nella maggior parte dei casi però, si tratta di specie protette la cui vendita alimenta il mercato nero. Inoltre manipolarla quando è ancora cruda o poco cotta, essendo che si tratta pur sempre di specie selvatici, si può correre il rischio di trasmissioni di malattie come il vaiolo, la rabbia, l’HIV, o l’ebola.
- Carne di cavallo – L’Italia è il maggiore importatore e consumatore di carne di cavallo, mentre nei paesi anglosassoni i cavalli sono visti come un animale nobile e per tanto la loro carne non viene assolutamente consumata. L’importazione di questi animali in Italia comporta una serie di sofferenze fisiche e psicologiche durante il viaggio verso il nostro Paese, dove troveranno una morte terribile nei macelli.
- Spigola cilena – Bersaglio di una pesca internazionale intensa e incontrollata, la spigola cilena è un’altra delle specie a rischio d’estinzione. Anche se la sua pesca illegale è iniziata soltanto nel 1993, è stata così intensa che l’intera popolazione è ora a rischio di estinzione sia commerciale che biologica.
- Mucche e vitelli – Sebbene non siano inserite tra le specie a rischio d’estinzione, molte associazioni animaliste, tra cui LAV, si oppongono al loro allevamento, definendola una pratica barbara e meschina. L’età media che possono raggiungere allo stato brado si aggira intorno ai 40 anni, mentre negli allevamenti vengono avviati al macello già a 7-8 anni, in quanto meno produttive. Le mucche sono costretta a partorire un vitello l’anno per produrre le ingenti quantità di latte destinate al mercato, sempre più esigente. I cuccioli vengono allontanati dalla madre a partire dagli 1 a 3 giorni dalla nascita. I maschi, inviati alle aziende, sono destinati all’ingrasso, nutriti prima con latte in polvere, poi con farine proteiche e scarti di macellazione. Nelle stalle lo spazio spesso è limitato rispetto a quelle che sono le naturali esigenze degli animali ed il numero degli addetti alla cura delle stalle non è sufficiente ad assicurarne una pulizia adeguata con il conseguente accumulo di urina e feci sui pavimenti. Questi producono grandi quantità di ammoniaca, che causa loro infiammazioni e problemi respiratori.
- Foie Gras – Per produrre questo alimento, i volatili vengano rinchiusi in minuscole gabbie fin dalla nascita e vengano costretti ad assumere più cibo di quanto ne dovrebbero assumere in natura. I pasti che vengono somministrati alle oche consistono in grano bollito nel grasso in modo da facilitarne l’ingestione, cosa che porta alla formazioni di grandi depositi di grasso nel fegato, proprio quello che viene ricercato dalla gastronomia. Questo crea negli animali stress, depressione, problemi respiratori e di deambulazione per le abnormi dimensioni raggiunte dal fegato. Inoltre, molto spesso negli allevamenti, questi poveri animali vengono maltrattati e lasciati morire senza cure.