Esiste una netta distinzione tra dolcificante naturale e artificiale che spesso sfugge ai consumatori meno informati, per questo occorre fare maggiore chiarezza al riguardo e sensibilizzare sul loro corretto apporto
Negli ultimi decenni, con lo sviluppo dell’industria chimica, si sono resi disponibili una gran quantità di nuovi dolcificanti. Ne esiste un gruppo che è utilizzato in quantità tale da essere considerato un alimento, tali dolcificanti hanno un potere calorico confrontabile con il saccarosio. I principali dolcificanti naturali, appartenenti a questo gruppo, sono: sorbitolo, xilitolo, mannitolo, sciroppo di glucosio e maltitolo.
In alternativa a questi, ne esiste una categoria che presenta un altissimo potere dolcificante e vengono classificati come dolcificanti artificiali (o di sintesi) o più comunemente edulcoranti artificiali. L’elevato potere dolcificante di questi prodotti li rende utilizzabili in ridottissime quantità.
I dolcificanti più utilizzati, appartenenti a quest’ ultima categoria, sono: l’acesulfame K, l’aspartame, il ciclamato e la saccarina.
Sostituire il saccarosio con i dolcificanti artificiali può essere utile per i diabetici, le persone con eccesso ponderale e per prevenire la carie. Prima di utilizzare tali dolcificanti però, sarebbe opportuno rivolgersi al proprio medico di fiducia per una corretta valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Ma vediamo nel dettaglio queste molecole e quali sono i loro effetti sul nostro organismo.
Acesulfame K (E950)
La FDA ha fissato per gli Stati Uniti una dose giornaliera non superiore a 15 mg/kg di peso, mentre scende a 9 mg/kg nel nostro Paese (dalla Scientific Committee for Foods).
Tra gli effetti collaterali dovuti all’abuso di questo dolcificante troviamo: l’insorgenza di emicrania, depressione, nausea, confusione mentale, alterazione della funzionalità epatica e renale, disturbi visivi e neurologici.
Rimane ancora aperto l’ ampio capitolo edulcoranti sintetici/tumori, che sembra associare a prodotti derivati dall’ acesulfame k come il cloruro di metilene effetti mutageni e teratogeni.
Aspartame (E951)
L’aspartame è costituito da due aminoacidi: l’acido aspartico e la fenilalanina; e presenta delle qualità organolettiche simili allo zucchero, ma è 200 volte più dolce. L’ aspartame, in quanto proteina, ha un modesto apporto calorico (4 Kcal/g), che, in confronto al suo alto potere dolcificante, è trascuarbile.
Durante la metabolizzazione può portare alla formazione di metanolo, ma le quantità sono tali da non causare preoccupazioni.
L’ aspartame, in dosi superiori ai 30mg/Kg, può causare un aumento dei casi di cefalea.
Altri effetti collaterali conosciuti sono: angioderma, orticaria, panniculite nodulare. Inoltre è da ricordare che contiene fenilalanina quindi assunzioni, anche modeste, è controindicato nei pazienti affetti da fenilchetunoria.
Ciclamato (E952)
Il ciclamato viene eliminato principalmente dal rene e in misura minore dall’intestino; una parte, circa il 30%, viene metabolizzata in cicloesamina, tale metabolita ha dimostrato di provocare cancro nella vescica dei ratti.
Per tale motivo la FDA americana ha proibito, dal 1987, l’ uso del ciclamato negli Stati Uniti, anche se studi successivi hanno dimostrato che questa cancerogenicità è circoscrivibile solo per il metabolismo del ratto in quanto diverso.
La FAO e WHO, dopo aver preso visione di tutti gli studi effettuati, hanno comunque raccomandato di non superarne la dose giornaliera pari a 0-11 mg/kg.
I ciclamati possono inoltre causare: dermatite, prurito, eczema e fotosensibilizzazione.
Saccarina (E954)
La saccarina o sulfimide benzoica è un dolcificante con un altissimo potere edulcorante circa 500 volte superiore al saccarosio.
La saccarina non viene metabolizzata dall’ organismo e viene eliminata principalmente con le urine. L’ uso della saccarina è approvato dalla FDA degli Stati Uniti ma non dalla Canadian Healath Protection Agenzy.
Dagli studi effettuati è emerso che la saccarina nel ratto, somministrata in dosi superiori all’ 1% in peso, può provocare cancro alla vescica. Vi sono altri studi invece che limitano la formazione cancerogena al solo metabolismo del ratto, evidenziando così l’assenza di correlazioni dirette di comparsa del tumore e assunzione di saccarina nell’uomo.
In attesa di ulteriori studi, che possano definitivamente chiarire tutte le correlazioni tra tumore alla vescica e assunzione di saccarina, e consigliabile non superare la dose di 0-2,5 mg/kg.
In rari casi può determinare: manifestazioni allergiche, orticaria, prurito, dispnea, diarrea, tachicardia ed eruzioni cutanee con papule.