“Questa ricerca può dare un contributo importante e accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci per le malattie legate all’invecchiamento e alla neurodegenerazione tra cui l’Alzheimer”
Secondo una nuova scoperta l’invecchiamento dell’uomo può essere bloccato. A portare a questa conclusione un team di studiosi italiani e tedeschi è stato un pesciolino del Mozambico che ha gli stessi geni che portano le persone alla vecchiaia. Ebbene questo piccolo vertebrato è in grado di bloccare lo sviluppo genetico embrionale, simile a quello dell’invecchiamento. Il Nothobranchius furzeri, questo il suo nome scientifico, durante la sua breve vita sviluppa le stesse patologie che affliggono gli anziani, come tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenerazione. La scoperta emerge da una ricerca svolta dalla Scuola Normale di Pisa e l’Istituto Leibniz di Jena, in Germania, e sarà pubblicata domani sulla prestigiosa rivista internazionale Cell. “Questa ricerca può dare un contributo importante e accelerare lo sviluppo di nuovi farmaci per le malattie legate all’invecchiamento e alla neurodegenerazione tra cui l’Alzheimer” afferma Antonino Cattaneo, Direttore Scientifico dell’Ebri, L’Istituto di ricerca fondato dalla Accademica dei Lincei Rita Levi Montalcini e Direttore del Laboratorio BIO della Scuola Normale Superiore.
Alla ricerca, condotta in collaborazione tra la Scuola Normale di Pisa e l’Istituto Leibniz di Jena (Germania) ha partecipato per il sequenziamento dei dati il ricercatore Ivan Arisi, responsabile della facility di Bioinformatica dell’Ebri e coautore dell’articolo che appare domani sulla rivista scientifica Cell, la più prestigiosa al mondo in ambito biomedico. Lo studio, spiega un comunicato della Scuola Normale di Pisa, ha consentito di arrivare alla mappatura del genoma del vertebrato Nothobranchius furzeri, un pesciolino del Mozambico che a tre settimane è in grado di riprodursi e in pochi mesi completa il suo ciclo vitale. I risultati raggiunti “gettano una nuova luce sui processi di invecchiamento” e, per la prima volta “è stato dimostrato come in un vertebrato i programmi genici attivati durante l’invecchiamento, e lo sviluppo embrionale, siano simili“. Come adattamento al suo ambiente, il Nothobranchius furzeri è in grado di bloccare lo sviluppo dell’embrione in una condizione detta diapausa, quando le pozze d’acqua in cui vive si prosciugano. Si è scoperto che i processi genici attivati durante l’invecchiamento e la diapausa sono simili. In particolare, sono attivati i geni responsabili per la sintesi di nuove proteine. Ma se durante l’invecchiamento questo processo ha lo scopo di compensare l’accumulo di danni a carico delle proteine, durante la diapausa, che è una fase di stasi, spiegano i ricercatori, questa funzione per adesso rimane misteriosa ed è su questo aspetto che sono indirizzate le ricerche future.
Già dodici anni fa Alessandro Cellerino, ricercatore presso il Laboratorio di Biologia Bio@SNS della Scuola Normale Superiore, descrisse per la prima volta il rapidissimo ciclo vitale del Nothobranchius furzeri ed i risultati hanno successivamente attirato l’interesse di ricercatori in Europa e negli Stati Uniti. “Tutti questi animali mostrano un invecchiamento accelerato e permettono di svolgere, nell’arco di mesi, ricerche che richiederebbero anni nel topo” afferma Cellerino. “Si è scoperto tra l’altro che i geni associati all’invecchiamento non sono posizionati casualmente nel genoma, ma si concentrano in alcune regioni specifiche. L’esistenza di questi hot-spots suggerisce come i geni all’interno di queste regioni siano in qualche modo accoppiati, forse a causa della struttura fisica dei cromosomi. Questo potrebbe rappresentare anche nell’uomo un meccanismo responsabile per la apparente coordinazione del processo di invecchiamento tra cellule e tessuti diversi”. “Con questi risultati, abbiamo raggiunto un livello di dettaglio che è paragonabile a quello raggiunto venti anni fa con il primo sequenziamento del genoma umano” assicura Matthias Platzer, che dirige il gruppo di Genome Analysis al Leibniz Institute on Aging ed ha partecipato anche allo Human Genome Project. Il prossimo passo sarà quello di formulare ipotesi sui geni chiave che controllano il processo di invecchiamento, visto che i geni di questo pesciolino sono presenti anche nel genoma umano.