Oggi, 9 Gennaio 2016, è il 138° anniversario della nascita di John Broadus Watson, psicologo statunitense che diede inizio al pensiero comportamentista, secondo cui il comportamento esplicito dell’individuo è l’unica unità studiabile in quanto si manifesta concretamente e che, quindi, dà un fondamento scientifico alla psicologia.
Prima, la psicologia si occupava di studiare l’anima e quindi la coscienza dell’individuo; invece, nei primi anni del Novecento, John Watson pone dei cambiamenti significativi, indirizzando la ricerca psicologica verso lo studio dei comportamenti manifesti. Joh Watson fu uno dei primi psicologi all’Università di Chicago, nella quale si stava diffondevo l’idea del funzionalismo, corrente che interpreta i fenomeni psichici come funzioni medianti le quali l’organismo si adatta a seconda dell‘ambiente sociale e fisico. Da qui si evince il pensiero evoluzionistico promulgato da Darwin, che regola il funzionalismo come il comportamentismo.
John Watson era fortemente convinto che i tratti psicologici di un individuo derivassero molto più dai condizionamenti ambientali e sociali che dalle abilità innate. Inoltre, il pensiero autenticamente democratico di Watson, secondo il quale chiunque avesse avuto una formazione adeguata, impegno e perseveranza avrebbe potuto compiere l’ascesa sociale, era decisamente orientato verso un anticonvenzionale progressismo, non ben visto, per esempio, dalla comunità scientifica europea, dominata da principi ancora troppo conservatori che esaltavano solo le abilità innate dell’individuo.
Lo psicologo volle fornire delle prove concrete alla comunità scientifica che potessero avvalorare la sua tesi del comportamentismo e quindi decise di condurre un esperimento che potesse palesare i fenomeni da lui teorizzati. Nel 1920 Watson e la moglie utilizzarono un bambino di un anno, Albert, come soggetto per le ricerche psicologiche. L’obiettivo era quello di dimostrare che un’emozione, come la paura, può essere indotta da un condizionamento ambientale. Così, mentre giocava con un topo bianco, il bimbo veniva spaventato. Dapprima il bambino reagiva urlando solo nel momento dello spavento, successivamente si agitava anche alla sola vista del topo, poi ancora quando vedeva altri animali pelosi o oggetti di lana bianca. L’esperimento dimostrò ciò che Watson pensava, tuttavia attirò molte critiche, poiché il bambino si scoprì non essere completamente sano, come dichiarato dallo psicologo, m affetto da una patologia che lo portò alla morte dopo cinque anni. Inoltre, non essendoci stato un processo di “decondizionamento” per rimuovere l’ansia indotta ad Albert, tutta la procedura risultò essere eticamente discutibile.
Oggi la psicologia prende in grande considerazione l’ambiente sociale in cui un individuo nasce e cresce, poiché ne viene incontrovertibilmente influenzato.