“I nostri risultati forniscono una rassicurazione alle migliaia di coppie che si sono affidate a questi trattamenti”
I bambini venuti alla luce tramite trattamenti di infertilità non hanno più probabilità di andare incontro a un ritardo dello sviluppo rispetto a quelli concepiti naturalmente. A darne conferma è stato uno studio condotto da ricercatori del National Institutes of Health, il Dipartimento della Salute dello Stato di New York e altre istituzioni sanitarie americane. I risultati, pubblicati online su ‘Jama Paediatrics‘, aiutano tutte quelle coppie che ricorrono alla fecondazione assistita a non preoccuparsi della credenza fino ad ora diffusa che le tecniche di fecondazione potrebbero influenzare l’embrione in una fase delicata e causare disabilità permanente.
I ricercatori hanno analizzato le differenze nei punteggi di valutazione dello sviluppo in oltre 1.800 bambini nati da donne rimaste incinte dopo aver effettuato trattamenti contro l’infertilità, e quelli di più di 4.000 bambini nati da donne che non sono state sottoposte a tale trattamento. Non sono state rilevate differenze sotto 5 diversi punti di vista (e relativi punteggi) fra bimbi ‘in provetta’ e nati per vie naturali. “Quando abbiamo iniziato il nostro studio, c’era poca ricerca sui potenziali effetti del concepimento attraverso trattamenti di fertilità“, ha dichiarato Edwina Yeung, una degli autori. “I nostri risultati forniscono una rassicurazione alle migliaia di coppie che si sono affidate a questi trattamenti“. Dato che non è sempre possibile diagnosticare alcune forme di disabilità dello sviluppo a 3 anni di età, gli autori dello studio continueranno a valutare i bambini periodicamente fino al raggiungimento degli 8 anni.