Secondo la tradizione popolare, gli ultimi tre giorni di gennaio (29, 30 e 31) coincidono con i tre giorni più freddi dell’anno che se per noi, abituati al caldo tepore degli impianti di riscaldamento, non dicono più di tanto; per i nostri vecchi, che dovevano convivere con inverni gelidi e poco calore in casa, erano giorni speciali.
Ma quali sono le origini della locuzione “giorni della Merla”; giorni in cui il grigio e il buio hanno ancora il sopravvento sulla luce e il contrasto tra il caldo e il freddo, tra i sapori dolciastri e quelli forti della cucina invernale creano un mix di sensazioni ed emozioni che connotano lo stile di vita di questo periodo dell’anno? Sebastiano Pauli, ad esempio, nel libro intitolato “Modi di dire toscani ricercati nella loro origine”, dà una spiegazione bellica alla locuzione “Giorni della merla” che, a suo dire, deriverebbe da un problema logistico in tempo di guerra: quello di far passare, a fine gennaio di molti anni fa, un cannone, chiamato “la Merla” , al di là di un fiume. Il grande freddo di quei giorni ne fece gelare le acque, offrendo un’occasione per risolvere il problema del trasporto.
Un’altra leggenda, avente anch’essa per protagonista una merla, spiega l’origine della locuzione “giorni della merla” come se si trattasse di una favola. I suoi personaggi sono una merla completamente bianca e la personificazione di gennaio, freddo e gelido. Gennaio era un mese un po’ dispettoso, che si divertiva a ricoprire il terreno di neve e gelo, non appena la merla si decideva a mettere il becco fuori dalla tana per procacciarsi del cibo. Stufa di questi scherzi, un anno la merla decise di raccogliere molto cibo, in modo da resistere per un mese intero chiusa nella sua tana. Gennaio, allora, che fino a quel momento durava solo 28 giorni, si indispettì e, per punire la merla, aggiunse 3 giorni al suo mese e fece scendere sulla terra il freddo, accompagnato da neve e vento. Presa alla sprovvista, la merla si trovò un rifugio di fortuna in un camino e, terminati i tre giorni, uscì tutta nera, segnando così il futuro piumaggio degli esemplari della sua specie.
Ancora i merli sono i protagonisti di una leggenda che li vide sposi, a fine gennaio, nel paese della sposa, situato oltre il Po. Per tornare a casa, avrebbero dovuto riattraversare il fiume. Rimasero ospiti di parenti, ma le temperature, nel frattempo, si abbassarono drasticamente, tanto che il merlo decise di attraversare il fiume ghiacciato ma vi annegò a causa della rottura del ghiaccio. La merla, appresa la triste notizia, scoppiò a piangere e ancora oggi, stando alla leggenda, nelle fredde notti di gennaio, il suo lamento si ode lungo il Po. Tra le numerose interpretazioni, ve ne sono due, di origine evangelica. Si narra che un servo di Erode rubò una merla e i suoi piccolini, per prepararli con la polenta. Un merlo, nero come il carbone, prese una pagliuzza dalla culla di Gesù Bambino e la fece cadere sui suoi piccoli, che subito impararono a volare e così poterono scappare dalla loro prigionia. L’evento miracoloso fece sciogliere la neve e da allora, il 31 gennaio, le temperature ricominciarono a salire. Un’altra leggenda vede come protagonista un soldato di Erode che gettò del fiele nella scodella del latte di Gesù Bambino. Una merla, che vide tutto, bevette il latte avvelenato e per tre giorni soffrì, finché, il 31 gennaio, lo stesso Gesù Bambino fece tornare un caldo sole che accelerò la guarigione della merla.
Un proverbio bolognese afferma che “Quand canta al mérel, a san fóra dl’invéren” e cioè “Quando canta il merlo, siamo fuori dall’inverno”. Ma quando cominciano a cantare i merli? La data è molto incerta e naturalmente dipende dai luoghi; per esempio, in un loro proverbio i romagnoli consigliano al merlo di non cantare nemmeno a marzo perché gli si potrebbe gelare il becco: “Mèral, ‘d mêrz no’ cantê’, che e’ bëc u t’ s’ po’ agiazê”. Comunque sia il canto del merlo può essere ingannevole perché, nonostante anticipi le prime avvisaglie di primavera, non sempre segnala che la bella stagione si sta avvicinando per davvero e loro stessi possono cadere in errore.