Anche la perdita di tessuto osseo, superati i 50 anni, favorisce l’insorgenza delle antiestetiche rughe. La struttura cutanea del nostro viso, infatti, è sostenuta dalle ossa craniche e del volto. “Mentre il peso spinge i tessuti verso il basso e il rinnovamento dei fattori trofici della pelle rallenta, anche le ossa del volto iniziano a ‘consumarsi’. Le ossa infatti sono l’impalcatura della nostra bellezza e le sue variazioni sono lente, impercettibili ma inevitabili. Quello che succede è che la pelle è in eccesso rispetto all’area su cui dovrebbe appoggiare, ed ecco che appaiono i solchi“. A spiegarlo è Carlo Macro, specialista in chirurgia plastica, estetica e maxillo-facciale. “I punti tipici di questo cedimento – precisa – sono quelli più sporgenti: fronte, tempie, zigomi, ma anche naso e mento. Un aspetto ancora molto poco considerato, anche dai medici. Fenomeno simile è quello che porta ad un assottigliamento e alla retrazione delle labbra: in questo caso avviene il progressivo assottigliamento delle gengive, la loro retrazione e la riduzione delle ossa della bocca su cui appoggiano. Un fenomeno che porta allo sviluppo di rughe sottili e di segni verticali analoghi al cosiddetto ‘codice a barre’ tipico dei fumatori“.
“Se nel caso delle labbra è possibile riempire i volumi con un filler ad effetto ‘rimpolpante’ – prosegue l’esperto – quando si tratta delle ossa i filler possono non bastare. Interventi con sostanze liquide hanno infatti l’unico effetto di riempire dando al viso un aspetto gonfio e poco gradevole. Se le ossa hanno perso spessore e la pelle ha ceduto la sua elasticità come pedaggio del tempo trascorso, l’unica soluzione davvero efficace e percorribile è il lifting“, dice il chirurgo. “Non necessariamente si deve trattare di un intervento invasivo, giacché è possibile intervenire anche solo su una delle tre zone, chiamate terzi, che dividono orizzontalmente il viso. Ma il problema non si limita solo al cedimento ‘strutturale’ – continua Macro – Interessa anche una modificazione della forma generale del viso e un cambio della sua anatomia generale“.
Così visi allungati da giovani “tendono ad arrotondarsi con il tempo, volti squadrati e dai lineamenti duri si addolciscono, mentre i visi tondi con un derma ricco di tessuto adiposo mantengono più a lungo elasticità e linee di tensione nel tempo, a meno che nel frattempo non si verifichino severi dimagrimenti. Lo hanno constatato anche i colleghi americani dell’American Society of Plastic Surgeon, che hanno misurato i cambiamenti della zona T di un gruppo di uomini e donne, scoprendo che queste modificazioni sono diverse tra maschi e femmine“.
“Insomma, non perdiamo massa ossea allo stesso modo: nelle donne tende a cedere la zona alla sommità del triangolo nasale dove compaiono le rughe glabellari, ma anche le estremità esterne delle sopracciglia“, quindi con “un rilassamento più marcato della palpebra che assume così un’espressione stanca e invecchiata. Mentre negli maschi si modifica in maniera più severo il terzo medio e inferiore: cedono le guance, che si svuotano e appaiono inesorabili le rughe naso-labiali, quelle che vanno dalla base del naso agli angoli della bocca. Un altro cedimento tipico è quello dell’angolo piriforme, dove l’osso sottostante recede rendendo il naso molto più grande e sporgente“.
“Oggi – conclude il chirurgo – è possibile intervenire in maniera mini-invasiva e su più livelli, ad esempio associando un moderato aumento di volume con i filler e il trasferimento di grasso ad un piccolo lifting che riposizioni correttamente i tessuti visibili. Oppure, se il rilassamento cutaneo non è eccessivo, con i nuovi fili riassorbibili che non sono esercitano una trazione, ma stimolano i fibroblasti a produrre tessuti nuovi che favoriscono proprio il trofismo e quindi la giovinezza della pelle. Di fronte a solchi cutanei profondi, quindi, limitarsi a riempire è un errore. Anche perché il risultato ottenuto è visibilmente innaturale“.