Tutti i segnali che negli ultimi giorni del 2015 indicavano un rallentamento della figura del vortice polare troposferico cominciano ora a concretizzarsi nella realtà. Fra meno di 10 giorni l’intera struttura del vortice polare subirà un pesante attacco, in grado di destabilizzarlo dall’interno, con una successiva frantumazione. In realtà la dura recrudescenza invernale che in questi giorni sta creando non pochi disagi in mezza Europa, dalle Repubbliche Baltiche fino all’Ucraina e alla Russia europea (dove i termometri sono tornati a scendere al di sotto dei -25°C -30°C), è da attribuire a chiare dinamiche troposferiche che si sono innescate proprio nelle ultimissime settimane. Su tutte spicca l’andamento dell’indice “AO” (“oscillazione artica”) che sta letteralmente crollando, tanto che entro fine mese rischia di sfondare la soglia del -5, lambendo addirittura la -6. Toccando cosi uno dei valori più negativi finora registrato, visto che le registrazioni iniziarono nel 1948. Continuando su questa strada l’indice “AO”, entro fine mese, fra la fine di Gennaio e i primi giorni di Febbraio, rischia di raggiungere un valore esageratamente negativo che finirà per avere pesanti ripercussioni anche sul medio-lungo termine, con il conseguente crollo dell’altro indice, il “NAO” (“oscillazione nord atlantica”), molto importante per il clima europeo.
Ciò significa che la differenza di pressione tra la depressione islandese e l’alta pressione delle Azzorre sarà molto bassa. In pratica verrà a mancare quel fitto “gradiente barico orizzontale” e il “gradiente di geopotenziale” in quota, fra latitudini artiche e fascia sub-tropicale, che tiene vivo il flusso zonale sul nord Atlantico, con “Westerlies” impetuose che dal nord degli USA e dal Canada orientale si dirigono a gran velocità verso l’Islanda, l’Europa occidentale e la Scandinavia. Il debole “gradiente di geopotenziale” in quota contribuisce ad indebolire il ramo principale del “getto polare” che fuoriesce dal continente nord-americano. Tale rallentamento del “getto polare” agevola, a sua volta, la formazione di grandi ondulazioni troposferica, su larga scala, che dalla fascia sub-tropicale si estendono fino alla regione artica, favorendo la discesa di ampi blocchi di aria fredda, che dal mar Glaciale Artico si versano verso le medie latitudini, mentre ad est dell’avvezione fredda sovente si generano intense rimonte calde sub-tropicali, pronte a dirigersi fin sulla regione artica, con ripercussioni che possono avvertirsi pure sopra il mar Glaciale Artico, ormai totalmente ghiacciato.
Generalmente in queste condizioni il “getto polare”, divenendo sempre meno intenso, mantiene un andamento abbastanza ondulato, con lo sviluppo di importanti onde troposferiche, note come “onde di Rossby”, estese per centinaia di miglia, le quali tendono a muoversi progressivamente da ovest verso est, condizionando l’andamento meteo/climatico fra America settentrionale, Europa e Asia centro-settentrionale. Sono proprio queste ampie ondulazioni, prodotte da un sensibile rallentamento di velocità del ramo principale del “getto polare”, che produrranno ondate di freddo sempre più frequenti fra Stati Uniti centro-orientali, l’Europa e l’Asia orientale. Se da una parte le ondulazioni troposferiche riescono a costruire grandi “blocking” (anticicloni di blocco distesi lungo i meridiani che fanno da barriera al flusso delle correnti occidentali), specie tra nord Pacifico e Atlantico settentrionale, capaci di riversare importanti ondate di freddo verso le medie latitudini.
Dall’altra (lungo i bordi occidentali di questi anticicloni di blocco, preferibilmente posizioni in mezzo gli oceani) si innescano imponenti avvezioni di aria decisamente più mite e umida che risalgono fino alle latitudini temperate, e alle volte fino a quelle sub-polari, generando brusche scaldate, con flussi di aria molto mite che arrivano a convergere fin sul mar Glaciale Artico, destabilizzando dall’interno il vortice polare troposferico, il quale di tutta risposta tenderà a smembrarsi in più “lobi” (vortici depressionari colmi di aria molto gelida a tutte le quote) pronti ad andare alla deriva verso latitudini più meridionali (influenzando da vicino le condizioni meteorologiche sulle medie latitudini con frequenti ondate di freddo).
Queste dinamiche innescano una sorta di circolo vizioso, all’origine di questa severa recrudescenza dell’inverno lungo le medie latitudini, mentre sulla regione artica (oltre il circolo polare) la convergenza di masse d’aria decisamente più miti dalle latitudini sub-tropicali, che cavalcano il bordo ascendente delle famose “onde di Rossby” (particolarmente slanciate sopra gli oceani), in lenta evoluzione da ovest verso est, depone a favore per un pattern atmosferico anticiclonico che mantiene il campo termico su valori ben al di sopra della norma per il periodo.