Ernest Shackleton, l’esploratore britannico che guidò la sfortunata spedizione Endurance in Antartide ben 100 anni fa, aveva una malformazione cardiaca congenita, il cosiddetto ‘buco al cuore’. A sostenerlo è un team di medici, che lo ha reso noto in occasione dell’anniversario dell’esplorazione che vide l’affondamento della nave. In uno studio pubblicato sul ‘Journal of the Royal Society of Medicine‘, l’anestesita in pensione Ian Calder e il consulente cardiologo Jan Till hanno utilizzato il materiale dello Scott Polar Research Institute di Cambridge per la diagnosi postuma: Shackleton soffriva di un difetto del setto atriale, chiamato forame ovale pervio. “La prova si trova nelle pagine del diario di Eric Marshall, l’ufficiale medico della seconda spedizione di Shackleton in Antartide nel 1907-1909 – spiega Calder – L’individuazione e il trattamento di un difetto del setto atriale è ora abbastanza semplice, ma non era disponibile all’epoca di Shackleton“. Nel corso delle vari spedizioni l’esploratore ha evidenziato affanno e debolezza. Secondo gli autori Shackleton sapeva di avere qualcosa che non andava al cuore, perché ha sempre evitato di essere visitato dai medici, che avrebbero potuto impedirgli di andare in Antartide. “Alcuni possono pensare che fosse un irresponsabile a guidare spedizioni antartiche sospettando di avere un problema, ma per parafrasare il dottor Johnson, c’è raramente una carenza di persone prudenti, mentre le grandi imprese sono compiute da chi è disposto ad assumersi un rischio“, ha dichiarato Calder. Shackleton è morto a 47 anni proprio per un attacco cardiaco, a poche ore di distanza dal suo arrivo in Georgia del Sud, durante la sua quarta spedizione.
Shackleton: dopo 100 anni gli scienziati hanno scoperto che l’esploratore aveva una malformazione al cuore
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