Un nucleo primordiale denso e bollente, un’espansione rapidissima, un progressivo e sempre più lento raffreddamento. Ecco le tappe principali che secondo la teoria cosmologica standard segnano la primissima “azione” compiuta dal nostro Universo dopo il Big Bang: l’inflazione.
Proveniente dall’inglese inflation, traducibile anche con “gonfiaggio”, la teoria dell’inflazione afferma appunto che l’Universo si sia esponenzialmente gonfiato pochissimi istanti dopo la sua nascita (per la precisione, in un intervallo di tempo pari a 10 alla meno 35 secondi) e che stia continuando a espandersi ancora oggi. Si tratta di un’ipotesi che mette d’accordo la maggior parte degli scienziati, spiega l’ASI, perché è in grado di spiegare molti fenomeni fisici conosciuti. Eppure, non li spiega tutti: ad esempio, non rende conto di uno dei più grandi misteri della cosmologia moderna, la quantità di materia oscura presente nell’Universo.
Per questo un gruppo di fisici dello statunitense Brookhaven National Laboratory ha ipotizzato che alla teoria cosmologica standard potrebbe mancare un passaggio. Una tappa intermedia, qualcosa avvenuto dopo la prima, grande espansione dell’Universo: un’espansione più piccola e più breve, che i ricercatori hanno chiamato “inflazione secondaria”.
Questa ipotesi, che sarà pubblicata il 18 gennaio sulla rivista Physical Review Letters, potrebbe rendere conto in modo più preciso di ciò che Hooman Davoudiasl, primo autore dello studio, chiama “diluizione della materia oscura”.
Un fenomeno invece non spiegato da molte teorie figlie del modello cosmologico standard, che prevedono più materia oscura di quella che le osservazioni empiriche possono dimostrare.
Da qui l’idea di “aggiungere” un’altra inflazione cosmica, avvenuta tra la grande espansione e l’inizio del raffreddamento dell’Universo. Questa seconda inflazione sarebbe avvenuta a temperature ancora molto elevate: una caratteristica fondamentale, perché è proprio il calore ciò che avrebbe permesso alle particelle di materia oscura di collidere tra loro annichilendosi a vicenda, dando così vita a particelle come elettroni e quark. E soprattutto, facendo tornare i conti rispetto alla quantità di materia oscura oggi calcolata.
L’inflazione secondaria ipotizzata dal Brookhaven National Laboratory è molto più lieve di quella primaria, ma decisiva per portare le particelle primordiali a condizioni di temperatura, volume e densità coerenti con ciò che possiamo osservare quasi 14 miliardi di anni dopo.
Una teoria potenzialmente semplice e coerente, quindi. Ma per passare dalla teoria alla pratica manca ancora molta strada, come afferma lo stesso papà dell’ipotesi dell’inflazione secondaria Hooman Davoudiasl: il prossimo passo sarà cercare di individuare le interazioni particellari previste dalla nuova teoria all’interno di esperimenti della portata di LHC. Trovando così una prova empirica di questa doppia inflazione all’origine del nostro Universo.
“Le spiegazioni migliori in fisica sono quelle semplici – spiega il presidente dell’ASI, Roberto Battiston – ma nel caso dell’Universo può non essere la più semplice quella migliore! Per fare tornare i conti relativamente alla quantità di materia oscura osservata nel nostro universo, circa 6 volte più abbondante della materia normale, questa nuova ipotesi prevede che la fase di espansione iperveloce che ha accompagnato il big-bang (chiamata, appunto, inflazione, ndr) abbia avuto una sorta di singhiozzo e si sia ripetuta una seconda volta, in rapida successione alla prima ma con intensità molto minore, ma comunque sufficiente a diluire la materia oscura prodotta nella prima fase per raggiungere un valore compatibile con quello misurato“.
“Si tratta – precisa Battiston – di una teoria, che come tale richiede di essere verificata. Per questo occorrerà una nuova generazione di strumenti in grado di osservare l’effetto di quello che è successo negli istanti iniziali, come ad esempio – conclude – l’impronta nella radiazione del big bang dovuta all’effetto delle onde gravitazionali prodotte durante le fasi iniziali della grande esplosione“.