Il 1° Febbraio 1953, precisamente 63 anni fa, una catastrofica inondazione si abbatté con virulenza sulle coste bagnate dal Mare del Nord, specialmente su quelle di Olanda, Belgio, Inghilterra e Scozia. Fu un immane disastro, soprannominata l’inondazione del secolo in Europa.
Questo fu possibile per via di diverse concause scatenanti, fra cui un’alta marea primaverile, molto anticipata quell’anno, e soprattutto l’ingresso di un ciclone extra-tropicale nel Mare del Nord.
I danni più ingenti si ebbero nei Paesi Bassi, in particolare nella provincia sudoccidentale della Zelanda. Nello stato, infatti, il 20 % del territorio è al di sotto del livello del mare, di cui il 50 % inferiore al metro. Una volta che la marea, con i suoi 5,6 metri di picco massimo, travolse le difese marine, era chiaro che la situazione sarebbe stata di enorme gravità. Il bilancio si aggravava di ora in ora: si contarono 1.836 vittime solo in Olanda. Altri 28 morti nelle Fiandre Occidentali, in Belgio. Gravemente colpita anche l’Inghilterra sudoccidentale, con 307 vittime sparse fra le contee del Lincolnshire, Norfolk, Suffolk ed Essex. Danni anche in Scozia, con 19 vittime totali. Alla fine della giornata si poterono constatare almeno altri 230 decessi avvenuti in mare aperto, nel Canale del Nord, 130 solo con l’affondamento del traghetto MV Princess Victoria.
La conta dei danni sia materiali che in termini di vite umane fu spaventosa: 2.551 vittime accertate, il 9 % dei terreni agricoli dei Paesi Bassi andato cancellato, 30.000 capi di bestiame annegati, quasi 50.000 edifici danneggiati e almeno 10.000 distrutti o dichiarati inagibili. Per questo i Paesi Bassi, dopo il tremendo disastro, decisero di innalzare nuovamente delle barriere difensive che avrebbero potuto resistere più assiduamente di quelle precedenti. Diverse dighe superarono l’altezza di 11 metri e alla fine del 2008 l’80 % dei lavori di ristrutturazione delle barriere fu ultimato. Non si verificò mai più un disastro di tale portata nell’area.