Il 6 Febbraio 1783, ben 233 anni or sono, una scossa di magnitudo 6-6.5 colpisce la costa di Villa S. Giovanni, scuotendo l’intero Stretto di Messina. Scilla risultò essere uno dei paesi più colpiti da questo secondo evento di quella che è conosciuta come la “peggiore crisi sismica italiana“. I circa 2000 scillesi sopravvissuti ai crolli causato dal sisma del giorno precedente si dovettero accampare all’esterno. Siccome la scossa principale aveva provocato grosse frane nelle valli dei fiumi Oliveto e Livorno i paesani pensarono di essere più al sicuro in spiaggia, così si accamparono sul litorale di Marina Grande. Durante la notte, mentre molti già dormivano nelle tendopoli improvvisate o sotto alcune imbarcazioni rovesciate la terrà tremò ancora. Un‘immensa frana si distacca dal Monte Pacì, a sud di Scilla, e precipita fino in mare, generando uno tsunami di acqua e fango che investì la spiaggia di Marina Grande, uccidendo 1500 dei 2000 superstiti. I cadaveri resi irriconoscibili dovettero essere bruciati per evitare il diffondersi di gravi epidemie. 50.000 le vittime alla fine dei 50 giorni di crisi sismica calabrese.