Fino ad oggi la ricerca della vita su Marte si è concentrata su ambienti che un tempo erano ricchi di acqua o comunque umidi. Secondo una nuova teoria, che si sta diffondendo tra i ricercatori, la vita marziana superficiale si dovrebbe cercare anche in luoghi particolarmente salati.
Conosciamo Marte come un pianeta arido, secco e con un’atmosfera sottile… ma non è sempre stato così.
Alcuni miliardi di anni fa Marte era un mondo simile alla Terra attuale: mari di acqua salata in superficie, un ambiente umido e un’atmosfera simile a quella terrestre.
La Terra ci insegna che ovunque c’è acqua c’è anche la vita, tante e varie forme di vita.
Per Marte è valso lo stesso?
Tralasciando quello che nasconde il sottosuolo marziano, tanto sconosciuto quanto promettente, i ricercatori si sono concentrati sulla ricerca degli ambienti superficiali in cui le future missioni andranno a cercare tracce di vita passata o presente.
La nuova teoria parte dal presupposto che l’acqua e l’umidità di Marte è scomparsa progressivamente ma lentamente e che eventuali forme di vita batteriche abbiamo avuto il tempo di adattarsi (esattamente come è successo sulla Terra, dove i batteri colonizzano attualmente il 70% delle distese desertiche del pianeta) ad un ambiente dalla crescente aridità.
Prendendo esempio dal comportamento di numerose specie di batteri terrestri, l’astrobiologo afferma che su Marte possa essere accaduto (o addirittura sia ancora in corso) un processo che disidrata i batteri portandoli in una sorta di momentaneo “letargo” che dura fino al momento in cui dell’acqua li reidraterà.
Il letargo può durare per periodi estremamente lunghi in ambienti aridi.
Fin qui le premesse sono buone, ma il problema sorge quando da un ambiente arido si passa ad uno iperarido: la varietà ed il numero di esemplari cala drasticamente, pur non annullandosi.
Dove grandi quantità di acqua evaporano, si depositano sul fondale tutti i sali che precedentemente vi erano disciolti.
Una volta evaporata tutta l’acqua marziana, questi microorganismi superstiti potrebbero essersi adattati a vivere là dove si sviluppavano brine, a ridosso di croste salate del terreno.
L’ipotesi finale è che alcune colonie microbiche possano aver resistito molto a lungo dopo la scomparsa dell’acqua liquida superficiale ed essere ancora attivi in qualche nicchia o essere scomparsi da poco. L’indicazione fornita dallo studio per le future missioni che cercheranno la vita marziana è quella di prendere in considerazione anche le rocce e gli ambienti salati, al pari di quelli che un tempo ospitavano grandi quantità di acqua.