Si chiama progetto ArMedEa è uno dei suoi obbiettivi principali è quello di comprendere quale fosse il livello di rischio sismico nell’Europa medievale. Lo studio ha preso in analisi le grandi città con più di 10mila abitanti, studiando in particolare in che misura grande fossero esposte a rischio sismico. Per fare ciò è stata ricostruita la distribuzione di questi centri urbani, sovrapponendola a una sorta di mappa “del pericolo”. Il risultato che ottenuto è notevole.
Il primo risultato che balza subito agli occhi è che, se fossimo cittadini di una grande città nel tardo Medioevo, la zona da evitare, sismicamente parlando, era senza dubbio l’Italia. Delle 20 città sismicamente più pericolose nell’Europa tardo medievale, solo una non è italiana. Si tratta di Lisbona, che occupa la 19esima posizione di questa curiosa tabella. In cima alla lista delle grandi città sismicamente più pericolose c’è Forlì, seguita da Messina e Parma. E nelle prime 20 posizioni troviamo, nell’ordine, Modena, Bologna, Catania, Orvieto, Firenze, Siena, Pisa, Lucca, Brescia, Napoli, Palermo, Roma, Viterbo, Verona e Mantova. Fuori dall’Italia solo Granada, Murcia, Strasburgo, Liege e Almeria, che presentavano più o meno lo stesso rischio sismico delle città italiane in cui la possibilità di un terremoto era più bassa, ovvero Piacenza, Genova, Padova, Pavia, Venezia e Milano.
Le regioni invece più sicure per le grandi popolazioni urbane da un punto di vista sismico erano l’Inghilterra, la Francia e la Germania. Amburgo è l’ultima della lista, nella 73esima posizione preceduta da Braunschweig, Magdeburgo, Norwich, Londra, Parigi e York. Toledo era la città meno pericolosa sismicamente di tutta la Spagna. Il prossimo passo da parte dei ricercatori sarà quello di calcolare il rischio sismico per la popolazione urbana in Europa medievale, introducendo esatti valori di popolazione per ogni città. Poi, si tenterà di valutare in che modo le società dell’epoca valutano questo rischio e quali metodi adottavano per farvi fronte.