L’endometriosi colpisce una percentuale elevata di donne ed è considerata una delle principali cause di infertilità. A soffrirne è tra il 5% il 10% della popolazione femminile, ma in molti casi la diagnosi arriva troppo tardi, tra i 5 e 10 anni dall’inizio dei sintomi. Domani 19 marzo sarà la Giornata mondiale dedicata alla malattia, celebrata con una ‘marcia internazionale’ che avrà luogo in più di 50 capitali del pianeta, Roma compresa dove la partenza è prevista alle 11, in piazza del Popolo. L’endometriosi consiste nella formazione e crescita di tessuto endometriale al di fuori dell’utero, in particolare nella cavità pelvica e nelle ovaie, dietro l’utero, nei legamenti uterini, nella vescica o nell’intestino (sebbene possa verificarsi anche al di fuori dell’addome come nei polmoni o in altre parti del corpo), causando gravi crampi con sanguinamento irregolare e pesante, così come cisti nelle ovaie.
La patologia altera la qualità della vita delle donne colpite, influenzando i loro rapporti, le relazioni familiari, sul lavoro e le capacità riproduttive. Nonostante il trattamento aumenti le probabilità di ottenere una futura gravidanza, l’endometriosi può ridurre la fertilità di una donna, perché questa malattia è direttamente correlata alla diminuzione della riserva degli ovociti e al peggioramento della loro qualità. “Il sintomo principale dell’endometriosi è la sensazione di dolore che può avere diverse forme, da quello pelvico cronico alle mestruazioni dolorose, fino al dolore durante i rapporti sessuali, minzione faticosa o con sanguinamento. Anche se questi segnali possono far nascere il sospetto di un problema di Salute, a volte le donne legano questi dolori acuti al ciclo mestruale“, spiega Daniela Galliano, direttrice del Centro Ivi, l’Instituto Valenciano de Infertilidad che ha da poco aperto il primo centro in Italia, a Roma.
Nonostante i progressi compiuti nel trattamento del dolore e nel recupero della fertilità, oggi non esiste una cura e poco si sa circa le cause dell’endometriosi. La malattia può essere ereditaria e di solito viene diagnosticata tra i 25 ei 35 anni. Il suo sviluppo, però, inizia già con le prime mestruazioni regolari. A volte si prolunga tra i 5 e i 10 anni da quando i primi sintomi vengono rilevati, “un periodo di tempo eccessivamente lungo, durante il quale la malattia progredisce e può avere conseguenze molto dannose per la qualità della vita di coloro che ne soffrono, potendo comportare seri problemi medici e infertilità“, conclude Galliano.