19 marzo, San Giuseppe: i falò, le Tavole e gli antichi proverbi

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Numerosi sono i riti e le tradizioni legati a San Giuseppe. Un esempio sono i cosiddetti “falò di San Giuseppe”. Tanti gli eventi in Italia: nella Val Trebbia, nel cuore del territorio delle Quattro province, si festeggia il rito serale del falò, col quale viene anche bruciato un fantoccio, “la vecchia”, simboleggiante l’inverno che va via. A Bobbio il passaggio dall’inverno alla primavera si festeggia accendendo una grossa “fuiè (falò)… una tradizione millenaria, dato che furono i monaci dell’Abbazia di San Colombano, fondata nel 614, a fondere il rito pagano con quello cristiano nella luce che sconfigge le tenebre.

FALO' SAN GIUSEPPEAnche a Mormanno, in Calabria, si accendono, in tutti i quartieri, grossi falò in onore del Santo, accompagnati da musiche e balli tradizionali, mentre a Itri, in provincia di Latina, già due mesi prima della festa, i ragazzi, spesso accompagnati da adulti, si recavano nei boschi vicini a tagliare piante di giovani lecci per poter accendere, nel giorno della Festa, il fuoco più grande tra tutti i rioni del paese. A Mattinata, in provincia di Foggia, si accendevano falò in tutti i rioni fino a pochi anni fa, mentre dal 2000 si accende un’unica pira sul sagrato della chiesa abbaziale di Santa Maria della Luce, con un programma sia religioso che civile, tra fuochi pirotecnici, balli e canti tradizionali e degustazione di prodotti tipici. A Serracapriola, in Puglia, continua la tradizione dei falò di San Giuseppe, con ragazzi e adulti che raccolgono dai campi i cosiddetti “ceppi”, ossia i rami residui dalla potatura degli olivi secolari, per formare pire da accendere la sera della festività del Santo. I più temerari, poi, si cimentano nel “salto del falò”, a testimonianza del coraggio e dello sprezzo del pericolo.

Il 19 marzo ogni anno, nei comuni di Giurdignano, Poggiardo, Uggiano la Chiesa, Cerfignano, Cocumola, Minervino di Lecce, Casamassella, Otranto, Lizzano, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Monteparano, San Pietro Vernotico, Erchie e San Donaci ed inoltre in Abruzzo, a Monteferrante , ricorre l’usanza delle Tavole di San Giuseppe, realizzate con diverse pietanze, consumate a mezzogiorno del 19 marzo dai cosiddetti “Santi”, impersonati da amici o parenti delle famiglie dei devoti di San Giuseppe che vanno da un numero minimo di tre (San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna) a un numero massimo di tredici, sempre comunque di numero dispari.

Alcuni di questi cibi hanno un significato simbolico e rituale: la pasta e ceci, per i colori bianco e giallo che la caratterizza, rappresenta il fiore tipico della primavera (il narciso); i lampascioni, invece, il passaggio dall’inverno alla primavera. Il cavolfiore ricorda la verga fiorita di San Giuseppe; il pesce fritto, il Cristo stesso; le cartellate, le fasce di Gesù Bambino, mentre lo stoccafisso, un tempo, era il cibo delle grandi occasioni festive. I Santi, poi, dopo aver ricevuto la Comunione in Chiesa, si dispongono intorno alla tavola mentre tutti i presenti recitano il Rosario e ad ogni posta si intercala la litania “San Giuseppe prega per noi”; poi sempre ad ogni posta un ricordo, perché il Santo accolga e soddisfi le richieste della famiglia devota.

San Giuseppe a capotavola ha il suo posto contrassegnato da un bastone foderato di carta, recante un mazzolino di fiori legato in cima, a ricordo del miracolo riportato dagli apocrifi per cui il Santo fu scelto quale sposo di Maria.Il Santo Patriarca dà inizio al pranzo, battendo un colpo di bastone sul pavimento, quindi con tutti gli altri assaggia ciascuna pietanza, segnandone la fine con dei colpettini di forchetta sul piatto, per recitare una preghiera.Per ultimo, la famiglia devota, consegna i grossi pani, ognuno contrassegnato da un simbolo diverso, ai rispettivi Santi, i quali rispondono con una espressione di ringraziamento: “San Giuseppe te l’aggia ansettu” (San Giuseppe gradisca il tuo sacrificio). Ma San Giuseppe è sinonimo anche di proverbi. Eccone alcuni: “San Giuseppe frittillusu chi non frie fa lu musu”, “San Giuziepe, l’anguziel movo el bieche” (per san Giuseppe si possono pescare le aguglie grosse), “San Giusepp e compagnia/ smorza i ciar e cusì sia”, “San Giusep tira fora scarp e calzet”, “San Giuseppe frittellaio è un dì per metà festaio”.Ed ancora: “San Michel al porta ol candeler, San Giosep al la porta ‘n dre “(San Michelem29 settembre, porta il candeliere (dal cielo) e S. Giuseppe, 19 marzo, lo riporta indietro), “Nu’ sfruculià ‘a mazzarella ‘e San Giuseppe”, “San Giüsepp l’è cap ad primavera”, “San Giuseppe ha la barba bianca” (può nevicare a San Giuseppe, il 19 Marzo).

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