Il 28 Marzo 1783 si abbatté sulla Calabria l’ennesima potentissima scossa di terremoto, dopo un periodo d’instabilità sismica cominciato il 5 Febbraio dello stesso anno. L’ultima scossa, la più violenta della sequenza, ebbe una magnitudo pari a 6.9 della scala Richter e andò ad aggravare i già pronunciati effetti su vasta scala in un territorio che comprende tutta la Calabria Meridionale e il circondario di Messina. Almeno 35.000 le vittime ufficiali causate direttamente dal sisma, ma si pensa che a fine crisi i morti possano essere stati molti di più, probabilmente circa 50.000 in totale, soprattutto per le susseguenti carestie.
La Calabria già viveva un periodo di grande instabilità sociale, con un’epidemia di peste che ancora non si era completamente esaurita e generale malcontento dei contadini che vivevano in condizioni di precarietà assoluta. Almeno 182 centri vennero, in seguito all’incredibile sciame sismico, praticamente cancellati e solo 33 fra questi vennero ricostruiti in siti diversi. La maggior parte delle vittime è costituita da donne (almeno 18.000) e bambini (almeno 8.000). Gli sfollati furono decine di migliaia per mesi, alcuni non ritornarono a vivere in un alloggio degno di essere chiamato tale addirittura per anni. Gravemente danneggiati furono, più che le case di campagna, costruite in legno, gli edifici cittadini e religiosi, i quali non riuscirono a resistere a tutte e cinque le scosse violentissime (più le migliaia di scosse di assestamento).
Fortunatamente l’ultima devastante scossa non causò un numero di morti elevatissimo, rispetto alla prima, poiché molti avevano già abbandonato le proprie case (per costrizione o per scelta) e avevano costruito alloggi temporanei con materiali, come il legno e il paglierino, abbastanza elastici per resistere alle forti oscillazioni sismiche. Inizialmente la ricostruzione fu lentissima e non sempre scrupolosa e attenta, soprattutto per la mancanza di materiali adatti. Tuttavia, nel 1784, Andrea Gallo diede disposizioni ben precise in materia di edilizia antisismica, suggerendo di costruire palazzi non più alti di 50 palmi (circa 13 metri) e di utilizzare materiali di buona qualità, resistenti alle sollecitazioni sismiche.