Con la conclusione del caso Fbi vs.Apple, tutti portano a casa un ottimo risultato: la Apple “salva la faccia” con i propri clienti e l’Fbi riesce a decrittare l’i-Phone di Syed Rizwan Farook, uno dei killer della strage di San Bernardino. “E’ sempre sembrato una perfetta strategia mediatica win-win, ovvero dove tutti e due gli attori protagonisti alla fine vincono: l’Fbi, dichiarando pubblicamente e in maniera così forte di non riuscire ad ottenere l’ultima parte delle informazioni presenti sul cellulare del criminale, potrà chiedere e soprattutto giustificare la richiesta di più fondi al governo americano per questo genere di attività; la Apple, invece, dal canto suo, può apparire – come già oggi appare – come uno strenuo baluardo a difesa della privacy dei suoi clienti, a maggior ragione dopo le note vicende di Edward Snowden. Questo, oltre ovviamente alla necessità di non creare un precedente che avrebbe spinto altri Paesi e le loro strutture di investigazione ad avanzare simili richieste“. A dichiararlo è Stefano Mele, avvocato specializzato in Diritto delle Tecnologie, Privacy, Sicurezza delle Informazioni e Intelligence e Socio fondatore e Partner di Moire Consulting Group, in un’intervista con Cyber Affairs.
L’aspetto più rilevante di questa notizia, dice Mele, “è ancora una volta che ogni sistema, per quanto possa ritenersi sicuro, prima o poi (più prima, che poi) verrà comunque violato. Ciò che davvero conta e che può restringere di molto i tempi è solo l’interesse economico legato a quella violazione (come nel caso F?bi-Apple) o al valore delle informazioni che devono essere recuperate (come nel caso, ad esempio, della quasi totalità delle attività di spionaggio elettronico). A riprova di quanto affermato, seppure ci siano ancora pochissimi dettagli sul come effettivamente sia stata violata la sicurezza di quel cellulare, i sospetti potrebbero ricadere sulla società israeliana Cellebrite, ben nota nell’ambiente degli esperti di mobile forensics. Società che, ovviamente, ha tutto l’interesse economico e mediatico ad essere la prima ad aver violato la sicurezza dell’iPhone di Syed Rizwan Farookì“.
“Apple adesso – conclude Mele – ha tutto l’interesse a cercare di capire in tempi brevi con l’Fbi o chi per essa sia riuscita ad aggirare il sistema di protezione, al fine di produrre al più presto una patch. Dubito, però, che questa informazione arriverà proprio dall’Fbi o dalle altre strutture governative americane“.