La prima navicella spaziale appena partita per la missione ExoMars trasporta a bordo anche una sonda che dovrebbe atterrare sulla superficie del Pianeta Rosso il prossimo 19 ottobre, come avanguardia al rover da inviare successivamente, nel 2018. L’ESA ha chiamato questo modulo di test ‘Schiaparelli’, in onore di Giovanni Virginio Schiaparelli, astronomo italiano del XIX secolo, direttore per quasi quarant’anni dell’Osservatorio Astronomico di Brera, divenuto universalmente celebre per le sue osservazioni di Marte. Un riconoscimento che vuole sottolineare il ruolo di primo piano giocato dal nostro Paese in ExoMars.
«Gli astronomi erano invidiosissimi», racconta Agnese Mandrino, responsabile dell’archivio storico dell’Osservatorio Astronomico di Brera, «e fecero di tutto perché Schiaparelli non raggiungesse le posizioni alle quali, invece, le autorità lo vollero mettere». «Costava tantissimo», commenta Mandrino. «Ma il suo valore storico è ancora maggiore, perché è stato il primo strumento scientifico acquistato dopo l’unità d’Italia, con lo scopo di rilanciare la politica scientifica italiana, in un paese che era distrutto, un paese dove tre quarti della popolazione non aveva cibo sufficiente per passare la giornata».Grazie alla combinazione di ottima reputazione scientifica e di agganci politici, Schiaparelli riuscì a ottenere immediatamente per l’Osservatorio un nuovo strumento, un telescopio rifrattore Merz con lente da 8 pollici (22 cm), che fu ordinato nello stesso 1862 ed entrò in servizio regolare a partire dal 1875, nella nuova cupola appositamente costruita in cima a Palazzo Brera, dove è tutt’oggi visibile.
Le osservazioni di Marte, alle quali Schiaparelli deve la maggiore diffusione della sua fama, iniziarono quasi per caso: una notte in cui le condizioni meteorologiche non permettevano le previste misurazioni di stelle doppie, Schiaparelli puntò il telescopio su Marte e si accorse che, con il nuovo strumento, poteva distinguere dettagli della superficie del pianeta che non erano riportati in nessuna delle mappe disponibili all’epoca. Da quel giorno, il 23 agosto 1877, iniziò uno studio sistematico della topografia marziana, osservando il pianeta a ogni opposizione e pubblicando una serie di mappe che mostravano dettagli sempre più fini della superficie del pianeta, le più precise e dettagliate mai realizzate fino ad allora.
Benché Schiaparelli sia sempre stato molto cauto nell’ipotizzare quale fosse la vera natura dei canali, altri astronomi – come Percival Lowell – presero posizioni molto più nette, asserendo che essi fossero opera di una civiltà extraterrestre che abitava Marte. Extraterrestri a parte, giova ricordare che solo le prime foto della superficie del pianeta scattate dalla sonda spaziale Mariner 4, nel 1965, e la prima mappatura realizzata da Mariner 9, nel 1971, misero fine alla disputa sulla presenza di acqua liquida su Marte. Nel 1889, Schiaparelli venne nominato Senatore del Regno d’Italia. Il 1900, l’anno di messa a riposo per raggiunti limiti d’età, fu anche l’anno in cui Schiaparelli smise – a malincuore – di osservare al telescopio per problemi alla vista. Morì il 4 luglio 1910 a Milano.Nel 1880 Schiaparelli ottenne un finanziamento per acquistare un telescopio ancora più potente. Il nuovo strumento, un rifrattore Merz con diametro di 18 pollici (49 cm) e lunghezza focale di 7 metri, all’epoca uno dei più grandi in Europa, giunse a Brera nel 1882 e fu usato su base regolare a partire dal 1886. Anche in questo caso, pur essendo alle prese con un cruento risanamento della finanza pubblica, il Parlamento del giovane Regno d’Italia votò l’acquisto del costoso cannocchiale «perché vi era un astronomo che lo valeva», come riportò Quintino Sella all’amico. Con il nuovo potente strumento, Schiaparelli continuò anche le osservazioni di Marte, definendo una nomenclatura tutt’ora utilizzata per molte “zone” del Pianeta rosso.
«Memoria poca, genio nessuno, molta pazienza e infinita curiosità di saper tutto. Questo è press’a poco il mio ritratto intellettuale». Così scrisse Schiaparelli in una lettera. La vastità della sua opera in effetti testimonia una curiosità sconfinata: dall’astronomia alle lingue orientali passando attraverso le teorie evoluzionistiche di Darwin, Schiaparelli seppe declinare il proprio ingegno nell’approfondimento di ogni campo del sapere, con grande rigore scientifico.
Con un’unica eccezione. «Un suo scritto risulta veramente anomalo sullo sfondo dei suoi grandi scritti scientifici, delle sette memorie per l’Accademia dei Lincei», racconta Mandrino, «È uno scritto del 1895 che s’intitola “La vita sul pianeta Marte”, apparso sulla rivista di grande e popolare diffusione “Natura ed Arte”. In questo saggio lui ipotizza davvero una vita prospera e altamente organizzata su Marte, che diventa addirittura il paradiso dei socialisti per la collettività di vita e di sistema di produzione». Il significato da dare a questo scritto può forse essere dedotto da un appunto scritto a matita dallo stesso Schiaparelli sulla copia ancora presente nella biblioteca dell’Osservatorio di Brera: “Semel in anno licet insanire”.