Chen Jining, ministro dell’ambiente cinese, ha rassicurato il mondo sostenendo che la Cina non tornerà al passato e non punterà sulla crescita economica a tutti i costi, e soprattutto non danneggerà l’ambiente per favorire lo sviluppo. D’ora in poi Pechino continuerà a ristrutturare la sua economia creando un contesto favorevole allo sviluppo delle “buone imprese“, che puntino soprattutto all’innovazione tecnologica. Chen lo ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa legata al Congresso nazionale del Popolo, durante la quale ha anche sottolineato l’importanza di tenere sotto controllo i governi locali, spesso più attenti allo sviluppo che al rispetto delle leggi ambientali. Nel 2015 la Cina ha registrato un Pil in rialzo del 6,9%, al ritmo più lento degli ultimi 25 anni, mentre per il 2016 e per il quinquennio al 2020 l’obiettivo è crescere del 6,5-7%. “Cos’è lo sviluppo? Siamo soliti considerare equivalenti Pil e produzione. Dobbiamo credere che la natura non abbia prezzo e che sia preziosa“, ha aggiunto Chen, secondo cui “sono state abbandonate le teorie in base alle quali il protezionismo ambientale era considerato un freno allo sviluppo: piuttosto sono due elementi che posso essere uniti e bilanciati“. La Cina, sotto la presidenza di Xi Jinping, sta spingendo per la trasformazione dell’economia da un modello basato su export e investimenti a uno incentrato su servizi e consumi: “un’economia di qualità, ma anche un ambiente di qualità“, ha osservato Chen. Pechino intende dunque investire nelle energie rinnovabili. La scorsa settimana, il ministero dell’ambiente ha annunciato il piano per il varo di tre diverse agenzie competenti sulla qualità di aria, terra e acqua. La Cina ha poi fissato tetti annuali ai consumi di carbone, approvando il blocco fino al 2019 dell’apertura di nuove miniere. Inoltre, il ministero delle Risorse umane, ha dichiarato che verranno tagliati 1,8 milioni di posti di lavoro nei settori dell’acciaio e del carbone.