“Le coppie che si sottopongono a cicli di fecondazione assistita e di diagnosi preimpianto per avere informazioni sullo stato di salute dei loro embrioni lo hanno fatto nella maggioranza dei casi perché hanno un malato in famiglia, una storia di aborto terapeutico o figli già malati. Sono quindi consapevoli di cosa significa avere esperienza di una grave malattia ereditaria e sono generalmente disponibili nell’aiutare la scienza a trovare possibili soluzioni” .
A dichiararlo all’Adnkronos Salute Laura Rienzi, presidente della Società italiana di embriologia, riproduzione e ricerca (Sierr), mentre si attende la decisione della Corte costituzionale sulla donazione degli embrioni alle sperimentazioni scientifiche. Come spiega la Rienzi “Questa popolazione di pazienti è particolarmente sensibile e sarebbe disposta in larga parte a donare gli embrioni sovrannumerari non idonei all’impianto.”
“Gli embrioni congelati, seppur non idonei ai fini procreativi, sono assolutamente utilizzabili per la ricerca: anche se affetti da gravi malattie genetiche consentono comunque di ottenere in vitro linee cellulari utilissime per fare valutazioni e ricerca volte ad aumentare sia il successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, sia per ottenere piattaforme per testare terapie per queste malattie che contribuire allo sviluppo della ricerca nel campo delle cellule staminali. Sono cellule fondamentali, che ora noi importiamo dall’estero”.
Inoltre è bene ricordare come “dal 2004 al 2009 c’è stato un arresto alle tecniche di congelamento dovuto al divieto contenuto della legge 40. Nel 2009 la Consulta ha riconosciuto la crioconservazione come diritto alla salute per la donna e l’Italia ha ripreso a effettuarla. Congeliamo sempre embrioni per massimizzare il successo dei cicli di Pma, perché questo consente di ridurre il numero di quelli che vengono trasferiti in utero contemporaneamente e di conseguenza eventuali gravidanze plurigemellari, molto pericolose, o per valutarne lo stato di salute”.
La crioconservazione oggi avviene nel 78% dei centri specializzati italiani, ma è chiaro che la percentuale di embrioni che risultano non idonei al momento della diagnosi preimpianto (non effettuata in tutti i casi) è abbastanza bassa: non a caso possono essere affetti da malattie cromosomiche o genetiche e in questo ultimo caso ne è colpito un embrione su 4 (recessive) o un embrione su 2 (dominanti).
Per quanto concerne invece le anomalie cromosomiche, la quota di embrioni malati e non compatibili con la vita può variare moltissimo e dipende altresì dall’età della donna.