Fotonica: realizzati mini-laser contro i cambiamenti climatici

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Arriva dalla fotonica, la tecnologia che sfrutta le proprietà della luce e che rivoluzionerà il XXI° Secolo, una risposta contro il cambiamento climatico che sta mettendo in ginocchio il pianeta. Grazie a sistemi di mini laser, sensori grandi appena come una moneta da 2 euro, si possono infatti ‘fiutare’, intercettare e misurare con altissima precisione i gas climalteranti come metano e CO2 con carbonio 14. A realizzare questi sensori sono stati gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Ottica Ino-Cnr di Firenze che hanno già trasferito questa innovativa tecnologia in uno spin-off altamente innovativo. Nei laboratori dell’Ino-Cnr sulla collina fiorentina, dove ha vissuto gli ultimi anni Galileo Galilei e dove Enrico Fermi ha scritto alcuni dei suoi lavori fondamentali, gli scienziati hanno infatti sviluppato una tecnologia delle dimensioni di un tavolo con sensori semplici da usare ed economici. “La nostra tecnologia è basata su laser molto compatti e piccoli che riescono a contare le molecole anche in quantità minime, usando luce laser infrarossa, cioè non visibile” spiega all’Adnkronos il fisico Paolo De Natale, Direttore dell’Ino-Cnr. Si tratta di una “tecnologia veramente di frontiera. In termini di sensibilità nella misura delle particelle, siamo capaci di vedere quantità di molecole mille volte più piccole rispetto a qualsiasi altro laboratorio al mondo che lavorano nel settore dell’ambiente” sottolinea il responsabile dell’Istituto di Ottica del Cnr, un istituto che conta ormai otto sedi in tutt’Italia.

RGB_laserCon questi ‘laserini’ è possibile costruire un sistema potenzialmente trasportabile che, nella lotta ai cambiamenti climatici, può verificare il rispetto degli accordi internazionali, come quello chiuso a Parigi. Si possono avere informazioni sul tipo di combustibile utilizzato per le auto o per il riscaldamento delle case, cioè se è combustibile fossile come carbone o petrolio, o di altra natura“. “Pensiamo che questo sistema diventerà uno strumento fondamentale per monitorare il clima a livello globale“. E il Direttore dell’Ino-Cnr si proietta in avanti, in un futuro davvero prossimo. “Proviamo ad immaginare una rete di sensori di questo tipo diffusi nel mondo, proviamo a immaginare che tipo di misure possono realmente effettuare questi mini-sensori laser. Ecco, questi strumenti potrebbero fare la differenza nelle policy per il clima“. Del resto, ricorda il fisico dell’Ino-Cnr, un modo per calmierare le emissioni era stato già proposto ed era quello “delle quote di anidride carbonica” un meccanismo, avverte, che però “ha valore se si possono effettuare misure precise“. “Se devo comprare delle pere, devo sapere quanto costano al chilo, ma anche poterle misurare in maniera esatta. Ecco questo vale anche per le quote di anidride carbonica“. Ma perché il radiocarbonio, o carbonio 14, su cui si focalizza la ricerca del team di De Natale, ha un ruolo così cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici? Conosciuto per essere un indicatore chiave, un ‘orologio naturale’ dell’età di antichi reperti archeologici come la Sacra Sindone, “il carbonio 14 tende a ridursi nel tempo. E per questo è un indizio dell’uso di combustibili non fossili. Petrolio, carbone o metano, infatti, risalgono anche a decine di milioni di anni fa, quindi non contengono più carbonio 14“. “Se invece si bruciano foglie, legna, materiali di origine animale o vegetale, si bruciano materiali che appartengono alla biosfera e che contengono, quindi, quantità di radiocarbonio analoghe a quelle che si trovano nell’ambiente. Si tratta di quantità davvero piccolissime, visto che solo una molecola di CO2 ogni mille miliardi di molecole di anidride carbonica contiene carbonio 14. Trovare il radiocarbonio, insomma, è molto più difficile del classico ‘ago nel pagliaio’“. Insomma, nei laboratori italiani è stato compiuto un importante passo avanti scientifico e tecnologico che, grazie alla fotonica, potrebbe coprire le distanze nella lotta ai cambiamenti climatici. Un passo che si sta già traducendo in prodotto d’impresa. “Dalla nostra ricerca di frontiera abbiamo appena creato con il Cnr una società di spin-off, un’impresa ad altissimo grado di innovazione che sfrutta questa tecnologia che ad oggi nel mondo non ha ancora nessuno“. “Stiamo cercando di creare quello che a volte in Italia si fa fatica a realizzare: un circolo virtuoso in cui l’alta tecnologia serve anche a finanziare la ricerca di base. E le due cose si autoalimentano“. “E’ il segreto dei grandi campus americani o dei centri di ricerca europei in cui la ricerca di frontiera lavora insieme alle imprese ad altissima innovazione, in una sinergia -chiude il fisico- che in Italia si fa ancora fatica a realizzare“.

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