Sono passati cinque anni dal disastro dell’11 marzo alla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, e ancora la vicina città di Tomioka è abbandonata. Il livello di radiazioni è ancora al di sopra dei limiti consentiti: le ultime rilevazioni parlano di 4,01 microSievert/ora. Anche in diverse zone circostanti il pericolo di esposizione alle radiazioni è ancora alto, nonostante il governo abbia invitato gli sfollati a far rientro nelle proprie case. A lanciare l’allarme sono gli esperti di Green Cross, Ong ambientalista che ha effettuato i campionamenti nella Prefettura di Fukushima per valutare gli attuali rischi per l’uomo e l’ambiente. Secondo il fisico nucleare Stephan Robinson, direttore dei programmi acqua e disarmo di Green Cross Svizzera, ”a Tomioka le radiazioni sono 35 volte superiori rispetto alla massima dose annua fissata dalle Raccomandazioni della Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica. Anche al di fuori di quest’area – continua Robinson – ad esempio a Koriyama, i parametri risultano fino a 20 volte più alti della soglia”.
“A Koriyama è stato registrato un livello di 3 microSievert/ora – afferma Robinson – equivalente a una dose annua di 26 milliSievert. Inoltre, l’analisi dei campioni di terreno indica un massiccio superamento dei valori limite di radiazioni alfa e beta, particolarmente pericolose quando penetrano nell’organismo attraverso gli alimenti“. Koriyama rientra fa parte di una delle due fasce di contaminazione radioattiva che dalla centrale di Fukushima si estendono per 225 km a sud verso Tokyo e a sud-ovest. Qui i valori degli isotopi radioattivi rilevati dai campionamenti di Green Cross (radio 226, torio 232, cesio 137 e stronzio 90) superano di quattro volte il limite massimo, sebbene gli hotspot presentino una distribuzione irregolare, quasi a macchia di leopardo. Per gli abitanti ci sono rischi per la salute a lungo termine, come l’insorgenza di tumori e anomalie genetiche, denuncia l’associazione. Soprattutto perché la popolazione è soggetta a un’esposizione alle radiazioni costante e non occasionale, aggravata dalla contaminazione dei prodotti alimentari. Le attuali direttive del governo giapponese prevedono degli indennizzi solo in caso di evacuazione. Nessun rimborso invece per chi vive nelle zone limitrofe, altamente inquinate.
E per il prossimo anno è prevista la revoca del provvedimento di sgombero dalle aree contaminate, decisione che nel 2018 bloccherà i risarcimenti che la compagnia elettrica Tepco, gestore della centrale nucleare di Fukushima, è obbligata a corrispondere ai 50.000 evacuati, e che avrà l’effetto di far tornare i cittadini in zone con livelli di radiazioni altissimi. “Questo è inaccettabile – dichiara il fisico Valerio Rossi Albertini, ricercatore del Cnr e membro del comitato scientifico di Green Cross – perché bisogna almeno lasciare ai cittadini la possibilità di decidere. Togliere l’indennizzo costringe di fatto molte famiglie indigenti a tornare in un ambiente pericoloso e nocivo, reso tale dalla colpevole leggerezza dei vertici della Tepco. Tanto più che, ad aggravare la situazione, concorre anche l’acqua di raffreddamento radioattiva rilasciata a più riprese dalla centrale di Fukushima nell’ambiente circostante. Una delle soluzioni che i tecnici giapponesi vogliono sperimentare è molto ardita – racconta Rossi Albertini – ma di dubbia efficacia: costruire un muro di ghiaccio che dovrebbe impedire alle acque di falda che scendono dalle alture circostanti di mescolarsi con quelle contaminate. Tuttavia, bene che vada l’impresa, saranno necessari decenni per decontaminare l’area e vaste zone resteranno malsane per la popolazione ancora per molto, moltissimo tempo“.
Per il presidente di Green Cross Italia, Elio Pacilio, Fukushima è la conferma che è necessario abbandonare i programmi di espansione nucleare sia in Giappone che altrove e intraprendere strade più sicure per l’uomo e per l’ambiente. “Il governo Giapponese – conclude Pacilio – deve proteggere quei 32 milioni di cittadini che oggi sono esposti alle ricadute radioattive derivanti dall’incidente. È ingiusto far pressioni per il rientro nelle abitazioni, anzi è necessario estendere l’ordine di evacuazione, e i relativi indennizzi, anche alle famiglie che vivono negli altri territori interessati dagli effetti della contaminazione“.