Naoto Kan è stato alla guida del Giappone proprio quando questi dovette affrontare la crisi del dopoguerra lo tsunami dell’11 marzo 2011 e l’incidente nucleare di Fukushima. A cinque anni dal tragico evento, il leader ha partecipato a Roma all’anteprima del docu-film “Fukushima: a Nuclear Story“, scritto dal giornalista di SkyTg24 Pio D’Emilia per la regia di Matteo Gagliardi, che sarà mandato in onda da Sky l’11 marzo alle 21:00. L’ex capo di governo, intervistato da Askanews, ha provato a raccontare la prima sensazione “freddo che attraversò la spina dorsale” che provò quando gli fu prospettato il pericolo del “meltdown” nucleare nella centrale. Il disastro di Fukushima è considerato il più grave incidente atomico dopo Cernobyl.
Lo tsunami provocò circa 20mila tra morti e dispersi producendo una situazione insostenibile per la centrale di Fukushima Daiichi, la più vecchia del paese. Proprio Kan volò a Fukushima per intervenire sul management della Tepco affinchè non venisse dato adito all’idea di abbandonare l’impianto. Il film racconta proprio quei momenti e vede anche la partecipazione dell’ex premier. “Nel vedere le immagini dello tsunami che avanzava, era come se il cuore venisse sopraffatto“, racconta il politico a pochi giorni dal quinto anniversario della tragedia. “Invece, per quanto riguarda l’incidente nucleare, ancora oggi rimane la sensazione di gelo che mi percorse la spina dorsale quando ispezionai l’impianto e mi fu prospettata l’ipotesi che potesse avvenire il ‘meltdown‘”, continua l’ex primo ministro settantenne, che come formazione è un ingegnere.
L’incidente fu aggravato da una sottovalutazione del rischio. “Il più grande fallimento come sistema è stato che non si sia previsto che potesse prodursi un disastro del genere, che potesse arrivare un’onda di tsunami come quella dell’11 marzo e quindi non si siano prese misure preventive adeguate“, afferma l’ex primo ministro, divenuto un sostenitore della politica di fuoriuscita dal nucleare. Le operazioni di ripulitura dei reattori della centrale continuano ad essere un pericolo in grado di causare ulteriori danni. I lavori di deommissionamento del vecchio impianto dureranno ancora diversi anni. Dopo il disastro, il governo decise di bloccare i 53 reattori che fornivano un apporto fondamentale al fabbisogno del paese. Il ritorno al potere del Partito liberaldemocratico ha portato al riavvio di tre di questi reattori. Questa politica energetica vede le proteste degli antinuclearisti e degli ambientalisti.
“La gran parte della popolazione giapponese, anche oggi, continua a desiderare la fuoriuscita dal nucleare“, spiega Kan. “Purtroppo – continua l’ex capo dell’esecutivo – l’attuale governo, pur non prospettando un ritorno ai livelli precedenti (all’incidente di Fukushima), vorrebbe ripristinare la capacità produttiva nucleare della metà circa. Questo fatto dimostra che c’è una divaricazione tra l’opinione del popolo e quella del governo e questo fa continuare le frizioni“. “Alle elezioni – accusa – Abe ha raccolto il suo consenso facendo leva sulla politica economica denominata Abenomics. Nella realtà, però, assieme alla politica economica, sta realizzando questa riforma della sicurezza, così come sta tornando al nucleare in contrasto con i desideri del popolo. Cioè: nella politica economica ha nascosto due riforme sulle quali il popolo non concorda“.