Il 17 aprile il popolo italiano sarà chiamato alle urne per decidere su un quesito referendario relativo alle attività petrolifere nelle acque italiane, entro 12 miglia dalla costa (escluse quindi quelle sulla terraferma e in acque internazionali, oltre le 12 miglia dalla costa). Si ricordi che già oggi le società petrolifere non possono più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia. Per quanto riguarda le ricerche e le attività petrolifere già in corso una vittoria del “sì” obbligherebbe le attività petrolifere a cessare progressivamente secondo la scadenza “naturale” fissata originariamente al momento del rilascio delle concessioni.
Il quesito sarà, semplificando, “volete fermare i giacimenti in attività quando scadranno le loro concessioni?”. Se vinceranno i sì, verranno bloccate, in caso contrario, continueranno la loro attività. Si tratta di un referendum abrogativo: occorre che vadano a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Il testo del quesito
Perché votare si
Per la scansione dei fondali viene utilizzato l’air gun, che provocherebbe lesioni ad alcuni cetacei e alcune specie di pesce. Inoltre non si può escludere il rischio incidente: in un mare come il Mediterraneo il disastro ambientale sarebbe amplificato. La trivellazione non risolve i nostri problemi energetici: le riserve certe nei mari italiani equivalgono a 6-7 settimane di consumi nazionali di petrolio e 6 mesi di gas. Un buon motivo per votare “sì” sarebbe la necessità di tutelare la biodiversità e la qualità dell’acqua dei nostri mari: le piattaforme sono comunque sistemi invasivi e artificiali, a potenziale rischio di esplosione. E’ bene precisare e ricordare che questo referendum non andrà ad impedire la costruzione di nuove piattaforme petrolifere, né impedirà nuove trivellazioni attualmente già vietate dalla legge.