Eni “conferma – in riferimento alle informazioni diffuse sulla qualità delle acque intorno alle piattaforme – l’adozione dei più elevati standard e linee guida internazionali nella gestione delle attività in tutti i contesti in cui opera, primo fra tutti l’ambiente marino“. Gli impianti offshore di Eni nel Mare Adriatico “sono dedicati alla produzione di gas naturale, la più sostenibile tra le fonti fossili, ed operano da sempre nel pieno rispetto delle leggi e delle prescrizioni vigenti. Rigidi controlli ambientali vengono eseguiti da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dalle Capitanerie di Porto, coadiuvante dalle ARPA locali“. “Nel merito di quanto riportato nel documento pubblicato da Greenpeace è necessario precisare che i limiti presi in considerazione da Greenpeace per le sostanze oggetto di monitoraggio non rappresentano limiti di legge definiti per valutare l’eventuale inquinamento derivante da una specifica attività antropica“. I limiti presi a riferimento da Greenpeace, “sono utilizzati per definire una classificazione comune a livello europeo circa lo stato di salute di un ambiente incontaminato in corpi idrici superficiali e riguarda, pertanto, le acque marine costiere all’interno della linea immaginaria distante 1 miglio nautico (circa 1,8 km) dalla linea di costa, mentre tutte le 34 piattaforme, oggetto dell’analisi, sono ubicate ad una distanza dalla costa compresa tra 6 miglia (10,5 km) e 33 miglia (60 km)“. “Si può escludere che i mitili provenienti dalle piattaforme e commercializzati comportino alcun tipo di rischio per la salute delle persone“.
Trivelle, Eni: la produzione di gas naturale rispetta l’ecosistema marino
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