Tubercolosi, Oms-Ecdc: preoccupa la diffusione tra i migranti in Europa

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La lotta alla Tbc in Europa e gli sforzi fatti negli ultimi anni per contrastare la diffusione della malattia, rischiano di diventare inutili a causa di un fenomeno preoccupante: gli alti tassi di tubercolosi resistente e multiresistente in fasce di popolazione vulnerabile come i senzatetto, i tossicodipendenti e i migranti provenienti da Paesi in cui la diffusione della malattia è ancora elevata. A lanciare l’allarme sono Ecdc (European centre for Disease Prevention and Control) e Ufficio europeo dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), che diffondono nuovi dati sulla malattia in vista del World Tb Day del 24 marzo. Secondo le stime, circa 340.000 europei avevano la tubercolosi nel 2014, ovvero 37 casi su 100.000 abitanti. I nuovi casi di tubercolosi sono in calo del 4,3% in media tra il 2010 e il 2014. Tuttavia a preoccupare gli esperti sono gli alti tassi di Tbc multi-resistente e non nelle popolazioni vulnerabili, “come senzatetto, alcolisti, tossicodipendenti e migranti provenienti da Paesi con un alto numero di casi di tubercolosi“.

Un quarto di tutti i 480.000 pazienti con tubercolosi multiresistente a livello globale si è concentrato nella regione europea nel 2014. Questo numero allarmante è una sfida importante per il controllo della tubercolosi“, spiega Zsuzsanna Jakab, direttore regionale Oms Europa. “I gruppi più vulnerabili, tra cui le popolazioni povere ed emarginate e i migranti e i rifugiati, sono a maggior rischio di forme multi-resistenti. A causa delle loro condizioni di vita, la tubercolosi è spesso diagnosticata in ritardo, ed è più difficile per loro completare un ciclo di trattamento. Se vogliamo davvero eliminare la tubercolosi dall’Europa, nessuno deve essere lasciato indietro“, sottolinea. “Alcune circostanze sociali o di vita possono rendere più difficile per le persone riconoscere i sintomi di tubercolosi, accedere ai servizi di assistenza sanitaria, seguire il trattamento con regolarità. Abbiamo bisogno di trovare soluzioni su misura per queste persone vulnerabili“, sottolinea il direttore dell’Ecdc Andrea Ammon. “Nella Ue il numero di nuovi casi di Tbc è in calo ma lentamente, di circa il 5% l’anno, e se la tubercolosi non verrà contrastata con successo nei gruppi più vulnerabili, non sarà eliminata come invece è stato previsto“.

Secondo gli esperti non c’è un’associazione sistematica tra migrazione e trasmissione della tubercolosi. In effetti, spiegano, il rischio che i migranti e i rifugiati siano infetti o sviluppino la malattia dipende da diversi fattori, tra cui i tassi di tubercolosi nel Paese di origine. I nuovi casi in alcuni Paesi di origine, sottolineano gli specialisti, sono più bassi rispetto alla media regione europea. In Siria, per esempio, il tasso di nuovi contagi è di 17 per 100.000 abitanti, meno della metà della media regione europea (37). Dal momento che la Tbc non viene trasmessa con facilità e che i contatti sono limitati, “vi è un basso rischio che i migranti trasmettano la malattia alle popolazioni residenti“, affermano Ecdc e Oms, secondo cui la copertura sanitaria universale dovrebbe essere garantita anche per i rifugiati e gli immigrati. Inoltre l’Oms raccomanda che lo screening della Tbc sia mirato alle fasce più a rischio: tra rifugiati e migranti, quelli provenienti da Paesi con molti nuovi casi di tubercolosi o che potrebbero essere stati esposti ad infezione nel corso del viaggio. Ma lo screening, concludono gli esperti, non deve mai essere usato come motivo per respingere un rifugiato o un migrante.

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