Giornate convulse e piene di punti interrogativi nei quali “l’Italia riusci’ comunque a comportarsi bene, prendendo le giuste decisioni nonostante le poche informazioni a disposizione”. Giuseppe Zamberletti, il ‘padre fondatore’ della Protezione Civile italiana, ricorda cosi’ i giorni successivi al disastro di Chernobyl, di cui si celebra il trentennale tra pochi giorni, il 26 aprile. A capo della Protezione Civile tra il marzo del 1984 e l’aprile del 1987,Zamberletti ricorda perfettamente quanto avvenne quel 26 aprile 1986 e nelle giornate successive. “La notizia giunse praticamente in tempo reale- spiega alla DIRE- poche ore dopo il disastro eravamo stati gia’ avvisati. Ricordo che convocai immediatamente la Commissione Grandi Rischi, di cui era membro anche Ippolito Felici, noto esperto del settore nucleare”.
La prima decisione presa fu quella di mantenere sotto controllo l’atmosfera con gli aerei dell’Aeronautica per verificare l’eventuale aumento della radioattivita’. Simili controlli furono compiuti anche a terra dai Vigili del fuoco. Poi fu la volta del Consiglio dei Ministri, “dove arrivai con qualche minuto di ritardo perche’ erano momenti davvero caotici. Ma quando diedi la notizia ai miei colleghi fui accolto con ironia, pochi mi presero sul serio. ‘Dove e’ successo? In Ucraina?’, mi rispondevano. Cambiarono atteggiamento solo quando videro che pure i giornali iniziarono ad interessarsi notevolmente alla vicenda”.
Nei primi giorni di maggio, poi, il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, dovette volare a Tokyo per il G7. “Mi disse di pensare alla situazione- aggiunge Giuseppe Zamberletti- e anche di considerare che, da vicende come quella, dipendeva il futuro del nucleare in Italia. Fu una bella responsabilita’ e nei giorni successivi mi dovetti rapportare col vicepresidente del Consiglio di allora, Arnaldo Forlani, che dovette svolgere la funzione di mediatore”. Tra le prime misure decise dalla Commissione Grandi Rischi, infatti, ci fu quella di consigliare agli italiani di consumare frutta e verdura solo dopo abbondanti lavaggi. “Questo pero’ non lascio’ soddisfatti alcuni membri della Commissione appartenenti all’Istituto Superiore di Sanita’- continua il ‘padre’ della Protezione Civile- che cercarono di convincere l’allora ministro della Sanita’, Costante Degan, della necessita’ di proporre un decreto per il blocco del mercato di frutta e verdura. Mi sembrava eccessivo, chiamai Craxi per dirgli che avrei potuto dichiarare lo stato di emergenza”, per bypassare gli altri ministri e esercitare i loro poteri. “Ma lui mi blocco’, dicendomi che sarebbe stato peggio”. Alla fine fu temporaneamente bloccato il mercato di frutta e verdura, “col paradosso che alcuni italiani andavano al confine con la Svizzera e mangiavano li’, quello che qui era vietato. Craxi scherzo’ con me. ‘Voi democristiani, con questo, vi siete giocati il nucleare’, mi disse”. Da li’ a poco, poi, si arrivo’ al referendum. “Furono giorni complicati- termina Zamberletti- ma rispetto ad altri Paesi notoriamente ‘nucleari’, come Francia e Germania, l’Italia si comporto’ bene”.