Sono passati 30 anni dal più grave disastro nucleare mai avvenuto in una centrale nucleare, i cui effetti sono ancora oggi pesantissimi: l’incidente presso la centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina.
Le commemorazioni del trentesimo anniversario sono state precedute quest’anno dalle proteste dei “liquidatori”. Con questo nome vennero chiamate le centinaia di migliaia di persone che vennero impiegate per decontaminare l’area e per salvare il mondo dal rischio di una ulteriore esplosione, che avrebbe avuto conseguenze catastrofiche. Lavorarono per giorni esposti ad altissime concentrazioni di radiazione, pagando spesso con la vita, chi poco dopo chi anni dopo l’esplosione.
Terribile il destino anche dei tanti operai che vennero mandati a costruire un enorme struttura di cemento armato (“il sarcofago”) con esposizione alle radiazioni ben oltre ogni soglia sopportabile, e dei minatori inviati a costruire un tunnel fin sotto il reattore, attraverso il quale venne scongiurato il rischio di una seconda esplosione. Li chiamarono “bio-robot”. Un nome orribile, che spiega bene quale fu il loro terribile destino.
Molti di questi uomini morirono o si ammalarono negli anni successivi. Nel 2011 il Parlamento dell’Ucraina ha eliminato alcuni aiuti economici che venivano precedentemente dati ai liquidatori. Per questo da settimane si stanno tenendo manifestazioni di protesta per chiedere che gli aiuti e le sovvenzioni alle famiglie delle vittime vengano ripristinati. In Ucraina sono 260.000 le persone con status di “liquidatori”, ma si stima che il numero reale arrivi a 800.000.
Il sottocolonnello Vladimir Gudov, uno dei liquidatori di Chernobyl, ha denunciato all’agenzia stampa EFE che la situazione dei liquidatori è peggiorata dopo il crollo dell’URSS nel 1991. “Ai tempi dell’Unione Sovietica la sanità era gratuita, avevamo protezione sociale – denuncia. Poi è stato inserito il ticket, e non possiamo far fronte alle cure mediche”. Gudov aggiunge: “quello che abbiamo fatto ha salvato il mondo, abbiamo evitato che si ripetesse una esplosione che sarebbe stata più letale della prima, distruggendo città come Kiev e Minsk e fatto dell’Europa un continente inabitabile”.
Attualmente soltanto 130.000 dei 260.000 liquidatori riconosciuti per legge sono ancora in vita.