Giornata della Terra: la firma dell’Accordo di Parigi dopo il trimestre più caldo di sempre

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La firma all’Onu dello storico accordo per fermare il riscaldamento del pianeta avviene dopo che il primo trimestre 2016 si è classificato come il più caldo di sempre a livello mondiale con la temperatura media registrata sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 1,15 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della Giornata della Terra (Earth Day) con appuntamento centrale all’Onu per la ratifica da parte di Ban Ki Moon e di 165 leader mondiali dello storico Accordo sul Clima siglato lo scorso dicembre a Parigi, sulla base della banca dati del Noaa, il National Climatic Data Centre che rileva le temperature sul pianeta dal 1880. “Il mondo si è fermato sull’orlo del precipizio con la conferma della tendenza al surriscaldamento testimoniata dal fatto che non si tratta di un dato isolato poiché tra i 10 anni più caldi degli ultimi 137 anni, ben nove sono successivi al 2000“, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Il 2015 è in testa alla classifica degli anni piu’ bollenti davanti al 2014 e al, 2010 che è seguito dal 2013, dal 2005 e poi a pari merito dal 1998 e dal 2009 e a seguire il 2012 e poi il 2003, il 2006 e il 2007 a pari merito. Il cambiamento climatico è evidente anche in Italia dove il 2015 si è classificato come l’anno più caldo della storia, da quando esistono i rilevamenti climatici secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. Nell’anno appena trascorso si è registrata una temperatura superiore di 1,42 gradi rispetto alla media. Bisogna affrontare i drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento che si è accentuata negli ultima anni, ma anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ed intense che si abbattono su un terreno reso piu’ fragile dal consumo di suolo. Il risultato è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani, ovvero l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Al fenomeno non è certamente estraneo il fatto che l’Italia ha perso il 28 per cento della terra coltivata per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile ad appena 12,8 milioni di ettari.”

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