Nonostante la sua popolarità a livello globale e l’evidenza dei suoi benefici sulla salute in generale e sull’apparato cardiovascolare in particolare, l’aderenza alla Dieta Mediterranea è attualmente in diminuzione proprio nei Paesi del Mediterraneo.
È da questa constatazione e dalla volontà di preservare e valorizzare l’eredità di questo modello alimentare salutare ed equilibrato che i massimi esperti mondiali, in seno all’IFMeD (International Foundation of Mediterranean Diet), hanno dato vita ad un progetto che mira a rivitalizzarla, adattandola ai mutati stili di vita e di consumo.
Oggi, nella giornata inaugurale di NutriMI (www.nutrimi.it) gli esperti hanno presentato un’anticipazione della “nuova” Piramide degli alimenti, che sarà tenuta a battesimo durante la prima Conferenza Mondiale sulla dieta mediterranea il prossimo 7 e 8 luglio a Milano (www.ifmed.org). “La nozione di dieta mediterranea ha conosciuto un’evoluzione progressiva negli ultimi 50 anni: da modello per un’alimentazione salutare ed equilibrata è oggi diventata modello di dieta sostenibile”, ha affermato Luis Serra Majem dell’Università di Las Palmas de Gran Canaria e presidente di IFMeD.
Un caso emblematico è quello del pesce, che è un alimento-chiave della dieta mediterranea e che tuttavia non è consumato nelle quantità raccomandate in Italia così come accade anche in tanti altri Paesi del mondo.
Un altro elemento di novità caratterizzante la nuova Piramide della Dieta Mediterranea è anche il nuovo ruolo che assume al suo interno la patata, che viene rivalutata in virtù delle sue qualità nutritive e del suo ottimo rapporto qualità-prezzo, che la rende accessibile a tutte le popolazioni. “Le patate rappresentano una valida alternativa ai cereali. Una porzione consigliata di 200 g di patate, infatti, apporta meno calorie, più fibre e preziosi micronutrienti rispetto ad una di 80 g pasta o di riso. Inoltre, contengono antiossidanti e sono naturalmente senza glutine”, ha spiegato Alessandra Bordoni, Prof.ssa di Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione dell’Università di Bologna.
Gli esperti hanno concluso che una maggiore aderenza al modello della Dieta Mediterranea potrà produrre allo stesso tempo risparmi nella spesa pubblica sanitaria così come minori impatti sull’ambiente, interessanti opportunità per l’economia locale e una maggiore comprensione sociale e culturale del valore del cibo.