Nel giugno del 2015, su una spiaggia della Patagonia cilena, vennero rinvenuti i cadaveri di ben 337 balene, della specie Balaenoptera borealis. Una strage di cetacei che fece il giro del mondo. Da allora molti studiosi sono al lavoro per cercare di capire le cause di quello spiaggiamento di massa. Per adesso resta un mistero.
Inizialmente si pensò alla responsabilità dell’uomo. Come spesso accaduto in passato, la forte presenza antropica negli oceani poteva essere la causa di quella strage. Uno degli studiosi incaricati dal governo del Cile per svelare il mistero, il direttore del l’Instituto de Sanidad Animal dell’Università di Las Palmas di Gran Canaria, Antonio Fernández, è conosciuto per aver studiato precedenti casi di spiaggiamento di cetacei. Stabilì che due casi di spiaggiamento avvenuti nel 2002 e 2004 sulle coste delle isole Canarie, erano responsabilità delle esercitazioni militari della NATO e della Marina spagnola, durante le quali erano stati usati sonar.
Stavolta però, l’esperto spagnolo è arrivato alla conclusione che l’uomo non c’entra. Dopo attente analisi infatti, l’equipe di ricercatori ha potuto stabilire che non vi sono né attività di ricerca petrolifera né fenomeni di inquinamento dietro questa enorme strage di balene. La stranezza sta nella selettività delle morti: perché solo balene e non delfini ed altri animali marini? Inoltre stupisce la presenza di centinaia di balene di questa specie in gruppo, quando normalmente vivono in gruppi di poche unità.
Il motivo non è ancora chiaro, ed è assai difficile da chiarire, ma una delle ipotesi che sta prendendo corpo è che ad uccidere le balene siano state delle biotossine ingerite dai mammiferi marini. Tutti avevano nello stomaco cibo in quantità, quindi la morte è avvenuta molto rapidamente. Alla radice della strage potrebbero esservi biotossine generate da alghe, frutto di una somma di fattori dietro cui potrebbe situarsi il fenomeno meteorologico de El Niño, o il riscaldamento globale. Troppo presto per saperlo.