In occasione della Giornata della Salute della donna, IVI– Instituto Valenciano de Infertilidad, leader in Europa nel campo della procreazione assistita che ha da poco aperto il suo primo centro italiano a Roma, mette al centro la preservazione della fertilità femminile a 360 gradi.
Accanto al ricorso ai trattamenti di preservazione della fertilità in pazienti oncologici, che IVI offre gratuitamente nei propri centri in Spagna dal 2007, negli ultimi anni si sta sempre più diffondendo la richiesta di preservazione per ragioni sociali, ovvero la possibilità di congelare e conservare i propri ovuli raccolti in un periodo particolarmente fertile per età ed altre condizioni per poi poterli fecondare in un secondo momento.
Questo tipo di trattamento permette quindi di mantenere gli stessi livelli di fertilità nonostante l’avanzare dell’età media al parto che, a causa di diversi fattori, quali il protrarsi della ricerca di un lavoro, di una casa e di una situazione sentimentale stabile ha continuato a crescere negli ultimi anno fino ad arrivare a 32,1 anni, secondo le ultime rilevazioni dell’Istat su natalità e fecondità della popolazione italiana.
Secondo i dati resi noti da IVI nell’articolo “Ovocyte vitrification as an efficient option for elective fertility preservation” della dottoressa Ana Cobo, direttrice dell’Unità di criobiologia di IVI pubblicato di recente sulla rivista scientifica “Fertility and Sterility”, negli ultimi 8 anni il ricorso a questo tipo di tecnica presso i loro centri ha registrato un aumento pari a +500%, arrivando a un totale di 1.468 pazienti dal 2007 a oggi, il 10,6% (137 donne al 2015) delle quali ha già utilizzato i propri ovuli vitrificati.
Molte sono le pazienti straniere che in questi anni hanno fatto ricorso a questo tipo di trattamenti per motivazioni non strettamente mediche in uno dei Centri IVI in Spagna. L’Italia (6,1% del totale delle pazienti straniere) è il quarto Paese, dopo Francia, Israele e Regno Unito nel ricorso alla preservazione della fertilità per motivi sociali.
Come avviene la vitrificazione
L’età più indicata per sottoporsi al trattamento è compresa tra i 30 e i 37 anni, dal momento che dai 38 in poi la riserva ovarica di una donna diminuisce sensibilmente e così la qualità degli ovociti. Prima di realizzare la vitrificazione vengono effettuate alcune analisi, in particolare dosaggio ormonale ed ecografie per valutare l’effettiva riserva ovarica.
Una volta appurata la fattibilità del trattamento la paziente viene sottoposta a stimolazione ovarica con la somministrazione di alcune iniezioni giornaliere per un periodo che va dai 10 ai 15 giorni, che faranno in modo che venga prodotta una maggior quantità di ovuli. Dopo avere verificato la disponibilità di un numero adeguato di ovuli viene realizzata un’iniezione dei ormone hCG che favorisce la maturazione degli ovociti, dopo di che la paziente si sottopone a una puntura follicolare che viene effettuata in sala operatoria sotto sedazione e ha una durata di circa quindici minuti. Gli ovociti così prelevati vengono quindi congelati tramite l’immersione diretta in nitrogeno liquido a una temperatura di -196°C.
Il numero di ovociti prelevati varia a seconda della disponibilità ovarica della paziente e va da uno o due in donne con una bassa risposta al trattamento fino a più di 20 per quelle più giovani e in salute. L’ideale è comunque ottenere tra gli 8 e 12 ovociti per ciclo.
L’identikit della paziente che ricorre ai trattamenti di preservazione della fertilità per ragioni sociali
Sono single e di cultura medio-alta le donne che decidono di preservare la propria fertilità in attesa del momento più opportuno per pianificare la nascita di un figlio. Secondo i dati messi a disposizione da IVI, infatti, su un campione totale di 989 pazienti che hanno ricevuto questo tipo di trattamento, il 75,6% era single al momento della vitrificazione.
Riguardo il livello di istruzione, il 72,8%ha conseguito la laurea, mentre il 21,8% ha concluso la scuola secondaria. Insegnanti (7,6%), avvocati (5,7%), economiste (4,3%) e medici (4,1%) sono i profili professionali più diffusi. Per quanto riguarda l’età, il 63% di loro ha tra i 37 e i 39 anni, anche se negli ultimi anni si sta assistendo a un aumento dello spettro di età interessate da questo tipo di trattamento fino ai 42 anni (16,2% di ultraquarantenni).
“Sono molti i fattori che nel nostro Paese – commenta la direttrice di IVI Roma la dottoressa Daniela Galliano – costringono sempre più donne a vedere allontanarsi l’età del parto, dalla difficoltà a trovare un impiego, alla mancanza di un contesto stabile a livello familiare e domestico. Per questo la preservazione della fertilità rappresenta un’opzione in grado di dare risposta all’esigenza di assecondare il desiderio di maternità e di costruzione di una famiglia all’interno di un contesto che spesso non risulta favorevole al proprio progetto di vita”.