Si chiama D-Arianna, parla italiano e inglese, e promette di dimezzare in 2 settimane il rischio di abbuffate alcoliche nei giovani. E’ l’App per smartphone sviluppata dal Dipartimento di medicina e chirurgia dell’università di Milano-Bicocca in collaborazione con lo University College London (Ucl): una e-health App pensata per proteggere i ragazzi dai pericoli del binge drinking. L’efficacia del nuovo ‘guardiano digitale’ è stata dimostrata in uno studio pubblicato sul Journal of Adolescent Health, che ha coinvolto 507 giovani tra i 18 e i 24 anni (264 donne e 243 uomini), reclutati vicino a pub, discoteche e aree concertistiche dell’area metropolitana di Milano.
Si definisce bindge drinking – ricordano dalla Bicocca – l’assunzione consecutiva di più di 5 bevande alcoliche per gli uomini e 4 per le donne. D-Arianna permette di stimare il rischio relativo di super bevute grazie a una serie di domande, per esempio sul consumo di alcol e droghe. L’applicazione è stata messa a punto nell’ambito di una ricerca condotta da Giuseppe Carrà e Massimo Clerici, rispettivamente ricercatore e professore associato di psichiatria in Bicocca, insieme a Paul E. Bebbington, professore emerito di psichiatria presso l’Ucl. Scaricabile gratuitamente da Google Play e Apple Store, D-Arianna è stata inserita nella National Health Apps Library del Regno Unito. Nello studio 12 intervistatori formati per 10 giorni, di età vicina a quella dei giovani avvicinati per il test, hanno intervistato i ragazzi nei luoghi più caldi della movida milanese. Tra le domande proposte dall’App il rapporto con alcol, fumo e droghe a livello personale e nella cerchia di amici, l’età in cui si è iniziato a fare uso di alcol e altre sostanze, il successo negli studi, l’attività lavorativa svolta, il background familiare e sociale, le convinzioni riguardo agli effetti, anche sociali, prodotti dall’uso dell’alcol.
Sulla base delle risposte, combinando i pesi relativi dei fattori correlati al binge drinking, attraverso un’equazione ad hoc si è ottenuto un punteggio complessivo e sono stati individuati 3 livelli di rischio: basso (0-43%), moderato (43,1-82%), alto (82,1-100%). Dopo 2 settimane è stato fatto ripetere il test, ed eseguendo lo stesso calcolo è emerso che il fenomeno del binge drinking tra i partecipanti si è più che dimezzato, passando dal 37% al 18%. Il lavoro – sottolinea la Biccocca – ha coinvolto anche dottori di ricerca, dottorandi e specializzandi del Dipartimento di medicina e chirurgia dell’ateneo, tra i quali Francesco Bartoli, Daniele Carretta, Cristina Crocamo e Alessandro Schivalocchi. L’App è stata sviluppata dalla software house Eikondata in 2 versioni, in lingua italiana (Android, iPhone) e inglese (Adroid, iPhone), ed è rivolta principalmente ai giovani coinvolti o potenzialmente coinvolti nel fenomeno del binge drinking, come ad esempio i frequentatori più assidui di discoteche e luoghi di ritrovo. La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione della comunità Monza e Brianza onlus, sostenuta dalla Fondazione Cariplo. “La combinazione tra il rigore metodologico della ricerca sulla prevenzione dei fattori di rischio con la tecnologia – commentano Carrà e Clerici – si è dimostrata efficace e interessante per la popolazione giovanile, che ha molta dimestichezza con gli smartphone“.