Il numero delle vittime provocate dal terremoto in Ecuador aumenta sempre di più e le famiglie di chi ancora è intrappolato sotto le macerie vedono diminuire, ogni ora, la speranza di salvare i propri cari anche a causa della lentezza dei soccorsi. Ormai da tre giorni che sulla costa del Pacifico ecuadoregna si sta cercando di salvare quanta più gente possibile dopo il terremoto di magnitudo 7.8 che ha colpito l’area. Finora il governo ha confermato 480 morti, ma le autorità ritengono che vi siano ancora 1.700 persone disperse.
I cani da soccorso e le pale meccaniche sono al lavoro per cercare di estrarre la gente dalle macerie a Pedernales e Manta, due località che erano affollate di turisti. “Eravamo alla ricerca di 2mila persone, ma finora ne abbiamo trovate solo 300“, ha dichiarato il viceministro dell’Interno Diego Fuentes. Secondo gli ultimi dati forniti dal governo, i feriti sono 4.605. I soccorsi non sono stati all’altezza della situazione, secondo molti residenti che, con la speranza di salvare i propri cari, stanno perdendo anche la pazienza. “I soccorsi sono stati lentissimi e sono state perse vite preziose. I miei parenti aspettano da sabato notte“, dice Pedro Merro, i cui cugini sono sotto le macerie di un edificio di tre piani a Manta. Luis Felipe Navarro dice di aver “ricevuto messaggi sul telefono: dicono di essere in 10 in una cavità“. Ma, aggiunge sconsolato, “i soccorsi non mi stanno a sentire“.
Il presidente Rafael Correa, intanto, cerca di tranquillizzare le voci critiche. “E’ difficilissimo, ma stiamo facendo progressi”, ha detto parlando a Manta, dove cibo e acqua scarseggiano. Centinaia di volontari da Colombia, Messico, El Salvador e Spagna si sono precipitati per aiutare gli ecuadoregni. Migliaia di persone sono rimaste senza casa e in un contesto difficile, dove si temo anche il diffondersi di malattie. L’Unicef ha avvertito che nelle aree colpite ci sono 150mila bambini.