Domani gli italiani saranno chiamati ad esprimersi, attraverso il voto referendario, sul tema delle trivellazioni in mare per la ricerca e l’estrazione di gas e petrolio. Il referendum è abrogativo, cioè si propone di cancellare l’articolo del codice dell’ambiente che consente alle trivelle di operare fino a quando il giacimento è in vita. A proporlo sono stati nove consigli regionali – Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto – preoccupati per l’impatto ambientale e sul turismo delle attività estrattive in corso entro le 12 miglia dalle coste italiane.
COME VOTARE. Perché sia valido, il referendum dovrà raggiungere il quorum, ovvero la partecipazione del cinquanta percento più uno degli aventi diritto. Si vota domani, domenica 17 aprile dalle 7 alle 23: una data decretata dal consiglio dei ministri che ha suscitato polemiche tra i sostenitori del sì per il mancato accorpamento del referendum alla tornata amministrativa di fine primavera. Per partecipare i cittadini italiani che hanno compiuto il 18esimo anno di età dovranno recarsi nel proprio seggio di appartenenza con tessera elettorale e documento di identità. Per la prima volta potrà partecipare anche chi risiede temporaneamente all’estero, con una consultazione per corrispondenza organizzata dagli uffici consolari.
LE CONCESSIONI INTERESSATE. A oggi, nel nostro mare entro le 12 miglia sono presenti 35 concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui 3 inattive, una è in sospeso fino alla fine del 2016 (al largo delle coste abruzzesi), 5 non produttive nel 2015. Le restanti 26 concessioni, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi, sono distribuite tra mar Adriatico, mar Ionio e canale di Sicilia. Di queste, 9 concessioni (per 38 piattaforme) sono scadute o in scadenza ma con proroga già richiesta; le altre 17 concessioni (per 41 piattaforme) scadranno tra il 2017 e il 2027 e in caso di vittoria del Sì arriveranno comunque a naturale scadenza. Il referendum avrebbe conseguenze già entro il 2018 per 21 concessioni in totale sulle 31 attive: 7 sono in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Il quesito referendario riguarda anche 9 permessi di ricerca, quattro nell’alto Adriatico, 2 nell’Adriatico centrale davanti alle coste abruzzesi, uno nel mare di Sicilia, tra Pachino e Pozzallo, uno al largo di Pantelleria.
SE VINCE IL NO. Con il no o il mancato raggiungimento del quorum le attività di ricerca ed estrazione non avrebbero una data di scadenza certa, ma potrebbero proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti interessati. Le concessioni attualmente in essere avevano una durata di trent’anni con la possibilità di due successive proroghe, di dieci e di cinque anni. Con una modifica apportata al testo in materia dall’ultima legge di stabilità potrebbero però rimanere ‘per la durata di vita utile del giacimento’. Con il no dunque questa possibilità rimarrebbe, ovviamente nel rispetto delle valutazioni di impatto ambientale che andranno in ogni caso fatte in caso di richiesta di rinnovo.