Si è molto parlato dell’impatto ambientale delle trivellazioni, compreso il rischio di un disastro dalle proporzioni inimmaginabili che si potrebbe abbattere sui nostri mari. Ma i danni all’ambiente sono, indirettamente, danni alla nostra salute: questo il motivo che ha spinto anche l’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) a sostenere una vigorosa campagna per il SÌ. Si è spesso rilevata, infatti, nei sedimenti delle aree prossime alle piattaforme, la presenza – oltre il limite considerato accettabile – di metalli pesanti (tra i quali cromo, piombo, mercurio e arsenico) e di idrocarburi policiclici aromatici. Senza considerare poi le sostanze chimiche utilizzate per favorire la penetrazione delle trivelle in profondità. Alcuni studi dimostrano come l’insorgenza del cancro (in particolare di alcuni tipi) sia collegabile ad interferenze endocrine, sia in età adulta che nei bambini, provocate proprio da queste sostanze. Le contaminazioni di acqua e suolo provocate dagli scarti delle lavorazioni petrolifere, inoltre, alterano negativamente la catena alimentare. Effetti dannosi sono provocati poi dall’acido solfidrico, presente soprattutto nel petrolio lucano a causa dell’alta concentrazione di zolfo, che lo rende più pesante e corrosivo e quindi più difficile da raffinare. Le alte temperature necessarie per lavorarlo provocano la dispersione di sostanze pericolosissime come cobalto e il molibdeno. I primi soggetti colpiti dall’inquinamento “delle trivelle” sono ovviamente coloro che sulle piattaforme ci lavorano: già uno studio condotto su 41.000 lavoratori in Norvegia ha dimostrato come l’incidenza di tutti i tumori fosse di un buon 17% in più rispetto alla norma, con casi ricorrenti di leucemia mieloide acuta. Nonostante manchino numeri ufficiali, anche la Basilicata, una delle regioni più interessate dalle estrazioni petrolifere, risente di un inquinamento grave dell’aria e delle falde acquifere: l’incidenza di patologie tumorali in questa regione è superiore a quella registrata nel nord Italia, in cui si trovano molte industrie che producono inquinamento ambientale. Studi più approfonditi sulle ripercussioni del petrolio sulla salute sono state effettuate, nel corso degli anni, anche in USA, Ecuador e Brasile: è stato dimostrato, in questi territori, come le popolazioni che risiedono entro una distanza 1 km dai pozzi hanno più probabilità di ammalarsi di tumori, patologie croniche e malformazioni congenite. Un caso eloquente è infine quello della Nigeria, che possiede un’altissima concentrazione di pozzi petroliferi, ma un’aspettativa di vita molto bassa e condizioni economiche tutt’altro che prospere.