Tumori rari: in Italia 89mila casi diagnosticati nel 2015

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Nel 2015 in Italia sono stati diagnosticati 89.000 nuovi tumori rari, il 25% di tutte le neoplasie. E la sopravvivenza a cinque anni per questi pazienti, spesso giovani, è del 55%, inferiore rispetto a quella registrata nelle neoplasie frequenti, pari al 68%. Sono alcuni numeri del Rapporto 2015 dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) dedicato ai tumori rari presentato oggi a Milano in un incontro con i giornalisti. È il primo report di questo tipo nel nostro Paese ed è realizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). “I dati epidemiologici contenuti nel volume colmano un vuoto importante nelle nostre conoscenze ed evidenziano problemi specifici che spingono a una riorganizzazione del sistema sanitario in questo settore – spiega il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM -. Oggi in Italia vivono almeno 900mila persone colpite da neoplasie rare ed è necessario rispondere alle loro esigenze. Ritardi nella diagnosi, scarse conoscenze, pochi studi clinici e limitate opzioni terapeutiche compromettono talvolta le possibilità di guarigione. Esistono a tutt’oggi importanti differenze nell’accesso e qualità di cura tra diverse aree del Paese. Formazione, definizione di percorsi diagnostici e terapeutici e della rete assistenziale, ricerca e introduzione di terapie efficaci rappresentano punti cardine per una efficiente sanità pubblica”.

Queste persone sono affette da tumori eterogenei tra di loro e, molti, estremamente rari. Basti pensare che in Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 230 tumori del timo, quelli del polmone invece sono 41.000. Questi pazienti sono quindi numerosi se considerati nel loro insieme, ma rari singolarmente. “La rarità rappresenta il problema principale per la ricerca – sottolinea il prof. Pinto – e l’assistenza va completamente ripensata considerando i numeri che questo rapporto fornisce per la prima volta in Italia. Ci auguriamo quindi che la pubblicazione abbia un impatto anche a livello istituzionale. A partire dal potenziamento della Rete Tumori Rari, istituita nel 1997 e focalizzata soprattutto sui sarcomi. Questa Rete ha svolto un lavoro eccellente, però opera ancora sul principio dell’adesione volontaria delle strutture e non copre tutto il territorio. È indispensabile implementare un network del Sistema Sanitario Nazionale. In questo modo si garantirebbe nell’intero Paese insieme la migliore qualità di cura con la razionalizzazione della spesa, poiché i pazienti sarebbero guidati all’interno di definiti percorsi virtuosi”.

Inoltre – continua il prof. Pinto – occorre sviluppare in maniera coordinata la ricerca clinica per i nuovi trattamenti ed anche in questo settore la Rete può rappresentare un importante e innovativo strumento. Senza dimenticare le regole della prevenzione che devono valere sempre. Basti pensare che alcol e fumo di sigaretta sono i due principali fattori di rischio a cui è riconducibile il 75% dei casi che colpiscono il distretto testa e collo”. Il 7% di tutte le neoplasie diagnosticate in Italia è costituito da tumori ematologici rari e il 18% da tumori solidi rari. Tra questi ultimi, le neoplasie rare dell’apparato digerente sono le più frequenti (23%), seguite dal distretto testa e collo (17%), dall’apparato genitale femminile (17%), dai tumori endocrini (13%), dai sarcomi (8%), dai tumori del sistema nervoso centrale e da quelli epiteliali toracici (5%).

Da notare che, fino ad oggi – sottolinea il prof. Emanuele Crocetti, segretario nazionale AIRTUM -, non si avevano informazioni sul numero di sarcomi in Italia e neanche sul numero dei tumori neuroendocrini. L’AIRTUM ha sempre fornito dati per sede: polmone, prostata etc. Questo rapporto contiene informazioni più dettagliate, per i diversi tipi istologici di ciascuna sede. È la principale novità di questa pubblicazione che risponde alle esigenze degli specialisti, che devono trattare un tipo specifico di tumore, oltre a quelle di sanità pubblica, confermando l’importanza dei registri tumori di popolazione sia in ambito clinico che a supporto della pianificazione sanitaria. Abbiamo analizzato 198 tumori, la maggior parte (139) estremamente rari, ovvero caratterizzati dall’incidenza di meno di mezzo caso ogni 100.000 persone ogni anno in Italia (circa 7.000 casi/anno complessivamente)”.

Questi tumori – continua il prof. Crocetti – condividono i problemi specifici legati alla loro bassa frequenza: le difficoltà nella diagnosi e nel fare ricerca determinano un basso livello di evidenza scientifica, limitate opzioni terapeutiche, ostacoli nell’individuare clinici esperti e ricorso all’uso off label dei farmaci, cioè al di fuori delle indicazioni approvate. Sono disponibili dati epidemiologici a livello europeo, ma è la prima volta che un’associazione di registri si impegna autonomamente a fornire queste cifre per il proprio Paese. Un risultato possibile grazie al grande database di AIRTUM e alla qualità dei ‘numeri’ raccolti in modo standardizzato da oltre 20 anni”.

Il volume è frutto della collaborazione con i gruppi di ricerca della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano e dell’Istituto Superiore di Sanità che sono stati i primi a occuparsi, nell’ambito di progetti europei e italiani, dei tumori rari dal punto di vista epidemiologico. Il Rapporto è pubblicato sull’ultimo numero della rivista Epidemiologia & Prevenzione, organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, ed è scaricabile dal sito www.registri-tumori.it. “Quelli rari sono spesso difficili da individuare e da trattare – afferma il dott. Paolo G. Casali, direttore dell’Oncologia medica dei Tumori mesenchimali dell’adulto all’INT di Milano e coordinatore della Rete Tumori Rari -. Il principale problema del paziente con tumore raro è ‘dove andare’, cioè a quale istituzione oncologica riferirsi. In molti tumori rari, fra cui i sarcomi, una corretta diagnosi patologica e una buona decisione clinica iniziale di tipo multidisciplinare sono fattori cruciali. Non raramente, l’intervento chirurgico iniziale non è programmato su una diagnosi preoperatoria e deve poi essere ripetuto. Sarebbe fondamentale che il Sistema sanitario lavorasse con le Regioni valorizzando le reti cliniche collaborative nate dal basso, cioè grazie alla volontà dei professionisti, nel campo dei tumori pediatrici, dei tumori ematologici e dei tumori ‘solidi’, riconoscendo e sostenendo le istituzioni partecipanti e fornendo loro strumenti organizzativi che le rendano ‘visibili’ ai pazienti”. L’impatto sociale è notevole, spesso a causa del costo delle cure, delle possibili prestazioni inappropriate e della migrazione sanitaria. In base al tipo di tumore, i trattamenti vanno dalla chemioterapia e radioterapia alla chirurgia fino alle terapie target con farmaci biologici. La sopravvivenza dopo 1, 3 e 5 anni dalla diagnosi nei tumori rari è risultata pari al 77%, 61% e 55%, in quelli frequenti invece è dell’85%, 73% e 68%. “Le differenze un anno dopo l’individuazione della malattia sono limitate, per poi amplificarsi, proprio perché i trattamenti per le neoplasie rare possono essere meno efficaci – sottolinea il prof. Alessandro Comandone, direttore dell’Oncologia Medica all’Ospedale di Gradenigo -. Tuttavia, non vanno escluse differenze nella distribuzione per stadio alla diagnosi, infatti la sopravvivenza a 1 e 3 anni per i tumori rari è inferiore rispetto alle percentuali registrate in quelli frequenti. Inoltre, tra i tumori rari sono incluse molte patologie di sedi tipicamente a cattiva prognosi: ad esempio oltre il 90% dei tumori del distretto testa collo è costituito da neoplasie rare, tale proporzione è pari all’81% per l’esofago, al 65% per l’ovaio, al 53% per il fegato. Al contrario solo il 6% dei tumori della mammella femminile, meno dell’1% della prostata e l’1% del colon-retto, sedi tipicamente a buona prognosi, sono tumori rari”.

I dati del rapporto possono essere rilevanti per diversi portatori di interesse – conclude il prof. Crocetti -. Politici e operatori sanitari trovano nel volume informazioni utili per pianificare e riorganizzare i servizi di assistenza sanitaria in Italia. E i ricercatori hanno a disposizione i numeri per disegnare sperimentazioni cliniche, considerando anche studi alternativi e approcci statistici innovativi”.

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