A chi non è mai capitato di sbadigliare? Si tratta di un gesto più che comune tipico di alcuni momenti della giornata, a cui difficilmente diamo peso. Non si sa esattamente quali siano i meccanismi fisiologici che determinano lo sbadiglio, eppure è un riflesso incondizionato che accomuna gli uomini agli animali e che, in natura, è collegato a situazioni anche molto diverse tra loro: se noi lo associamo a stanchezza o necessità di dormire, il ghepardo è solito sbadigliare prima di correre all’attacco di una preda, mentre l’ippopotamo utilizza lo sbadiglio come forma di minaccia per intimidire l’avversario.
Alla luce di ciò, a cosa serve sbadigliare? Ogniqualvolta si verifica, lo sbadiglio è un atto respiratorio riflesso, quindi utile ad incamerare aria e a favorirne il passaggio, si apre infatti la bocca, si alza la glottide, si solleva e si allarga la cassa toracica e si distende il diaframma: tutte azioni involontarie che determinano una respirazione atta ad un maggior ingresso di aria nei polmoni. Lo sbadiglio si conclude con l’espirazione, che ci porta progressivamente ad assumere la posizione di partenza.
Per quanto i pareri degli studiosi non siano completamente omogenei, pare che sbadigliare sia un atto utile a migliorare l’efficienza fisica, risultato che sarebbe determinato dalla maggior introduzione di ossigeno nell’organismo. Ecco perché lo sbadiglio è tipico di momenti di torpore o scarsa attenzione: è un meccanismo del nostro corpo per riacquistare una condizione di vigilanza.
Nonostante questa sia la tesi più accreditata, altre teorie propongono una visione diversa dello sbadiglio: secondo alcuni, si tratterebbe di un riflesso inconscio di imitazione, simile a quelli che ci permettono di apprendere il linguaggio; altre teorie, invece, sostengono che si tratti di una sorta di segnale, utile per manifestare al gruppo il proprio stato di stanchezza. Una cosa è certa: sbadigliare può innescare una reazione a catena inarrestabile, data la sua caratteristica contagiosità.