Gli italiani che vivono ogni giorno in aree con pericolo di frane e alluvioni sono 7 milioni; in oltre 400 Comuni ci sono interi quartieri costruiti in aree a rischio, e in alcuni casi si trovano in posizioni pericolose anche ospedali e scuole. Tra le citta’ capoluogo, spiega Legambiente, “a Roma e Napoli sono oltre 100 mila i cittadini che vivono o lavorano in zone pericolose, poco di meno le persone in aree a rischio a Genova“. Eppure non tutta la colpa va addebitata al passato perche’ – osserva Legambiente – “l’urbanizzazione delle aree a rischio e’ un fenomeno anche attuale“: “nel 10% dei Comuni sono stati realizzati edifici in aree a rischio anche nell’ultimo decennio“, ma nonostante questo “solo il 4% delle amministrazioni ha intrapreso interventi di delocalizzazione di edifici abitativi e l’1% di insediamenti industriali“.
“E’ evidente l’urgenza di avviare una seria politica di mitigazione del rischio e ridurre i pericoli a cui sono quotidianamente esposti i cittadini – dichiara il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti -, la prevenzione deve divenire la priorita’ per il nostro Paese“. Citando i dati dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr, Legambiente ricorda che “nel 2015 frane e alluvioni hanno causato nel nostro Paese 18 vittime con 3.694 persone evacuate o rimaste senzatetto in 19 regioni“; mentre “nel periodo 2010-2014 le vittime sono state 145, con 44.528 persone evacuate o senzatetto, con eventi in tutte le Regioni italiane”. L’indagine evidenza un “ritardo nelle attivita’ di informazione ai cittadini sul rischio e i comportamenti in caso di emergenza: solo il 30% dei Comuni ha svolto queste attivita’“. “Il fatto che negli ultimi 10 anni nel 10% dei Comuni italiani si sia continuato ad urbanizzare – rileva il capo della Struttura di missione ‘Italiasicura’ di Palazzo Chigi, Mauro Grassi – e’ la prova che ancora c’e’ molto lavoro da fare per raggiungere la crescita culturale necessaria“.