Balcani, due anni fa la disastrosa alluvione in Serbia e Bosnia-Erzegovina

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Proprio in questi giorni si compiono due anni dalle disastrose alluvioni che colpirono la penisola Balcanica nel maggio del 2014. Fra il 15 ed il 18 maggio precipitazioni record fecero tracimare decine di corsi d’acqua e causarono migliaia di frane sulle zone montuose della Bosnia-Erzegovina e della Serbia. Il bilancio ufficiale fu di 82 vittime. Gli sfollati furono stimati in 1 milione e duecentomila.

L’ondata di maltempo venne causata da una vasta area di bassa pressione formatasi sul mar Adriatico a seguito dell’arrivo di una massa di aria polare sul Mediterraneo, dove si trovavano invece masse d’aria umide subtropicali: questa zona di bassissima pressione si stabilì sulla Penisola Balcanica a partire dal 14 maggio. In poche ore caddero al suolo precipitazioni eccezionali, con centinaia di millimetri di accumulo: un fenomeno simile non accadeva, secondo i dati pluviometrici, dall’Ottocento. Il ciclone venne chiamato Tamara dai meteorologi serbi e bosniaci.

Le regioni più colpite furono il nord della Bosnia-Erzegovina (oltre il 40% del territorio del paese venne inondato, specialmente il distretto di Brcko) e la Serbia. Vi furono però danni e vittime anche in Croazia e Romania.

alluvione serbia 04Uno dei fiumi che causò maggiori danni fu il Sava, affluente del Danubio che segna il confine fra la Bosnia e la Croazia e che scorre per un tratto anche in Serbia. Questo fiume – ed i suoi affluenti – allagò grandi estensioni di territorio. Anche il fiume Bosna, il Drina ed il Kolubara causarono ampie inondazioni. Nelle aree montane si registrarono oltre duemila frane e smottamenti che distrussero infrastrutture e case: una delle aree con più frane fu quella di Tuzla, terza città della Bosnia-Erzegovina.

Città come Doboj, Maglaj, Zavidovi?i e Šamac (Bosnia-Erzegovina) vennero completamente inondate, così come la serba Obrenovac: in queste città ci fu il maggior numero di vittime.

La Sava minacciò per giorni anche numerose città serbe, ma la popolazione e l’esercito riuscirono ad evitare danni peggiori rinforzando gli argini.

In occasione della tragica alluvione nei Balcani vennero documentati anche casi di mine anti-uomo inesplose venute allo scoperto, probabilmente rimosse dalle acque da zone non ancora sminate in seguito alla guerra di vent’anni fa.

In questi due anni la ricostruzione ha fatto passi avanti anche grazie alla Cooperazione Internazionale. La Cooperazione Italiana ha consegnato recentemente (all’inizio della primavera 2016) sementi, piante da frutto, mangime, serre, materiale da costruzione, arnie, sistemi per l’irrigazione, attrezzi per l’apicoltura e piccola meccanizzazione agli agricoltori ed agli allevatori di tredici associazioni e cooperative di Sanski Most.

La donazione seguiva la consegna di 55 tonnellate di fertilizzanti avvenuta a gennaio ed è parte del sostegno della Cooperazione Italiana alla Municipalità di Sanski Most. In questo comune è stato anche inaugurato il centro polivalente che ospita la biblioteca cittadina, ristrutturato con fondi italiani.

Sanski Most è, assieme a Srebrenica, Maglaj, Derventa, Orasje e Zvornik, tra le sei Municipalità in cui la Cooperazione Italiana sta agendo con un progetto di ricostruzione post-alluvione del valore di 1 milione di euro, in particolar modo a favore di agricoltori, allevatori e piccole e medie imprese.

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