La ricerca è ormai in rotta di collisione con la politica internazionale che impone di non spingere oltre 14 giorni lo sviluppo di un embrione in provetta. Questo limite diventa “stretto”, alla luce dei due esperimenti che hanno dimostrato la possibilità di andare oltre. ”Se le circostanze cambiano, e’ legittimo ricalibrare i limiti’‘, scrivono su Nature tre esperti in materia: Insoo Hyun, bioeticista della Case Western Reserve University in Ohio, Amy Wilkerson della Rockefeller University di New York, e Josephine Johnston, direttrice della ricerca presso l’Hastings Center a Garrison, New York.
”Alla luce dei recenti sviluppi della scienza e dei potenziali benefici che ne possono derivare – scrivono i tre – e’ importante che i decisori e i cittadini riflettano sulla natura di queste restrizioni e rivalutino i loro pro e contro”. E’ stata proposta per la prima volta nel 1979 dal comitato etico del Dipartimento per la salute statunitense ed è diventata legge in 12 Paesi del mondo. ‘‘La regola dei 14 giorni non e’ mai stata pensata come una linea di demarcazione che segna il momento in cui l’embrione umano acquisisce uno status morale – scrivono i tre esperti – ma piuttosto come uno strumento di politica pubblica messo a punto per ricavare uno spazio per l’indagine scientifica rispettando allo stesso tempo le diverse opinioni sulla ricerca sugli embrioni umani”. La legge è molto efficace anche perchè i ricercatori non avevano gli strumenti e le tecnologie per infrangerle. Oggi, le cose sono cambiate.
La revisione delle regole richiede un dibattito a livello internazionale e locale. I tre esperti invitano gli stessi ricercatori a ricoprire un ruolo attivo sulla scena, per informare i cittadini e spiegare l’importanza degli studi sugli embrioni.