Durante il passaggio temporalesco che nel pomeriggio di lunedì 23 Maggio 2016 ha duramente colpito le nostre regioni settentrionali, ed in modo particolare tutta l’area fra Piemonte, Lombardia e Veneto, in pianura Padana si è inaugurata, ufficialmente, la stagione dei fenomeni vorticosi. Difatti nel pomeriggio di lunedì 23 Maggio, durante il passaggio di un complesso sistema temporalesco a mesoscala, evoluta in una autentica “supercellula temporalesca”, sul basso milanese, nell’area limitrofa all’aeroporto di Milano Linate, è stato osservato il passaggio di un piccolo tornado.
Fortunatamente stavolta è andata molto bene, visto che il vortice ha toccato terra nei campi che circondano lo scalo aeroportuale milanese, prima di dissolversi del tutto, evitando di arrecare notevoli danni materiali. La situazione sinottica del resto era ideale per assistere allo sviluppo di fenomeni vorticosi di una certa importanza, in un contesto di forte instabilità convettiva.
Dalle immagini e dai documenti fotografici pubblicati sui vari social network si evince come il cono si sia originato alla base di un sistema convettivo di natura “supercellulare”, con un marcato moto rotatorio interno impresso dall’intenso “Wind Shear” verticale e dal transito nell’area di un nucleo di vorticità positiva piuttosto marcato, con valori davvero notevoli nella media troposfera. Proprio per questo, data la chiara origine “supercellulare” (con tanto di “mesociclone” all’interno), possiamo tranquillamente usare il termine di tornado.
Altrimenti l’avremmo chiamato più semplicemente “landspout”, nel caso in cui il temporale o il sistema temporalesco associato non sia di natura “supercellulare” (quindi senza un “mesociclone” all’interno della struttura temporalesca). Differentemente da quanto si possa comunemente pensare anche in Italia, così come nel resto d’Europa, si possono originarsi dei tornado di piccoli dimensioni, cugini dei grandi vortici nord-americani. Gran parte delle grandi trombe d’aria e dei tornado che si formano in Europa e in Italia non vengono accompagnate dalla “wall cloud”.
La mancanza della “wall cloud” sta ad indicarci che l’intensità del fenomeno vorticoso è solitamente medio bassa, fra i EF-1 EF-2 Fujita, ma ciò non toglie che non possa fare danni. In Italia la stragrande maggioranza delle trombe d’aria che si osservano sono originate da “Shelf Cloud” molto attive e ben formate. In questi casi il moto rotatorio che forma la tromba d’aria viene innescato dal “Downdraft” associato alla precipitazione.
In genere se il “Downdraft” annesso non ha intensità omogenea lungo tutta la “Shelf Cloud” essa può subire una inclinazione o addirittura una frattura per la diversa spinta da esso generato. L’inclinazione della “Shelf Cloud” può essere cosi spinta che una parte di essa può arrivare a toccare il suolo formando una tromba d’aria. L’evoluzione del fenomeno è così rapida che sovente si osserva la tromba d’aria già formata e sviluppata. In queste situazioni molto difficilmente si possono originare dei tornado paragonabili con quelli che colpiscono con una certa frequenza le pianure centrali degli USA e la Pampa argentina.
La formazione di questi mostruosi vortici sul territorio italiano è impossibile, per vari motivi. Fra tutti la vicinanza di un mare chiuso come il Mediterraneo alle terre emerse e la presenza di importanti ostacoli orografici, come le Alpi e gli Appennini, sono fattori che tendono ad inibire lo sviluppo di tornado di portata catastrofica. Un ruolo molto importante è giocato proprio dal fattore orografico.
Esso è in grado di influenzare la circolazione atmosferica anche alle quote superiori della troposfera, deflettendo la ventilazione di parecchi gradi. La presenza di rilievi e catene montuose di una certa rilevanza, sparpagliate sull’intero territorio nazionale, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, disturba non poco la circolazione dei venti nei medi e bassi strati, impedendo così il possibile sviluppo e l’approfondimento dei grandi vortici, annessi ai temporali di natura “supercellulare” (caratterizzati dal cosiddetto “mesociclone” che altro non è che un “Updraft” roteante), che estendendosi verso il suolo danno innesco alle trombe d’aria e ai tornado, molto comuni nelle praterie centrali degli USA (prive di ostacoli orografici).
Alle volte l’influenza orografica è tale da riuscire a tagliare già sul nascere il moto vorticoso potenziale per lo sviluppo di un tornado. Senza i rilievi appenninici o le Alpi le probabilità di vedere fenomeni tornadici devastanti sarebbero certamente superiori. Del resto non è un caso se la pianura Padana, ed in misura minore le piccole piane e le pianure dell’Italia centrale e meridionale, lontane dai rilievi, sono i luoghi dove più facilmente si possono osservare le trombe d’aria o i tornado made in Italy.
Eppure anche in Italia, come in Europa, abbiamo avuto dei precedenti davvero tragici nella storia, per il passaggio di devastanti tornado che percorrendo oltre 70-80 km (come i tornado negli USA) hanno cagionato un gran numero di morti e feriti. Il primato spetta al tornado che si è abbattuto sulla provincia di Treviso il 24 Luglio del 1930. Il tornado, per alcuni classificato un EF-4 F-5, danneggiò il paese e la chiesa del comune di Volpago del Montello proseguendo poi per il trevigiano, dove cagionò la morte di almeno 23 persone.
L’11 Settembre 1970 un grosso tornado, sviluppato a ridosso dei colli Eugani, attraverso tutto il Veneto orientale, spostandosi verso il padovano e la laguna di Venezia, interessando la città prima di esaurirsi nel litorale del Cavallino lasciandosi alle spalle ben 36 vittime, un bilancio davvero pesantissimo. Secondo la stima dei danni si calcolo che il tornado raggiunse una intensità pari a un EF-4, evento più unico che raro per il nostro paese. Per ultimo c’è il devastante tornado che la scorsa estate si è abbattuto sul veneziano, un rarissimo EF-4 Fujita che ha travolto i centri di Mira e Dolo, cagionando ingentissimi danni materiale e purtroppo anche una vittima.