L’obesità è un’arma potente e ‘a lunga gittata’ che colpisce a distanza, lontano dagli organi dove si accumula il grasso. Lo suggerisce il fatto che, con l’allargarsi dell’epidemia di taglie XXL, in aumento in tutto il mondo, aumenta anche il rischio di malattie gravi come quelle cardiache, l’ictus, il cancro, l’osteoartrite (tutte condizioni che non sembrano mirare a parti del corpo bersaglio del grasso in eccesso, ma piuttosto coinvolgono sistemi dell’organismo lontani da questi target). Un team internazionale di scienziati porta ora all’attenzione degli esperti riuniti a Barcellona per la Conferenza annuale dell’European Society of Human Genetics, un indizio genetico del modo in cui l’obesità causa malattia ‘a distanza’. Un passo avanti verso la comprensione dei legami tra l’essere oversize e le patologie – ‘fisicamente’ lontane – che insorgono in chi ha tanti chili di troppo. Taru Tukiainen, ricercatrice dell’Istituto di medicina molecolare di Helsinki in Finlandia, e colleghi del Regno Unito e degli Stati Uniti, hanno cominciato a studiare la relazione tra indice di massa corporea (Bmi), che misura il livello di obesità, e l’espressione dei geni in 44 tipi di tessuto differenti, incluso alcuni raramente accessibili in campioni di grandi dimensioni, come ad esempio il cervello e gli organi interni. Gli scienziati ci sono riusciti attingendo alla maxi banca dati ‘Gtex’ che raccoglie informazioni su migliaia di campioni di tessuti ottenuti da autopsie di donatori (una platea che ha solo un 31% di soggetti normopeso, a testimonianza di quanto siano diffusi sovrappeso e obesità nella popolazione generale).
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L’obesità colpisce a distanza, lontano dagli organi dove si accumula il grasso
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