In Italia la mortalità materna si conferma un evento raro, come nella maggioranza degli Sati Ue. Con un tasso analogo alla Gran Bretagna e alla Francia dove muoiono 10 donne ogni 100 mila nati vivi. Nel nostro Paese, tra il 2006 e il 2012, per cause legate alla gravidanza e al parto sono morte infatti 9 donne ogni 100 mila, con un’ampia variabilità tra regioni compresa tra un minimo di 6 decessi in Toscana e un massimo di 13 ogni 100 mila in Campania.
Sono le stime retrospettive più recenti del rapporto di mortalità materna calcolate dall’Italian Obstetric Surveillance System (Itoss) dell‘Istituto superiore di sanità, finanziato dal ministero della Salute, in collaborazione con le Regioni Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, e Sicilia, e illustrate oggi all’Iss nel corso del convegno ‘Sorveglianza della mortalità e grave morbosità materna’. La causa più frequente delle morti materne precoci (entro 42 giorni dalla nascita) è l’emorragia, responsabile del 43,5% del totale dei decessi, seguita dai disordini ipertensivi della gravidanza (19,1%) e dalla tromboembolia (8,7%). Tra le morti materne registrate nell’intervallo tra 43 giorni e 1 anno dal parto, un quarto è dovuto a suicidi.
Il 21% dei decessi ha riguardato donne di cittadinanza non italiana; una donna su 2 era di età pari o superiore ai 35 anni, condizione che espone a un rischio di morte materna quasi triplo rispetto a quello delle donne più giovani, mentre il basso livello di istruzione lo raddoppia. Il taglio cesareo aumenta il rischio di mortalità e di grave morbosità materna di oltre 4 volte rispetto a quello delle donne che partoriscono spontaneamente, per quanto si debba tener presente che questo rischio è parzialmente sovrastimato poiché le indicazioni all’intervento chirurgico, se appropriate, sono esse stesse un fattore di rischio per esiti sfavorevoli materni e/o neonatali.
Il progetto sull’emorragia del post partum, iniziato nel 2014, che ha coinvolto tutti i punti nascita di 6 regioni che coprono il 49% dei nati del Paese, ha permesso di stimare per la prima volta l’incidenza del fenomeno: una donna ogni mille che partorisce spontaneamente e 3 donne ogni mille che subiscono un taglio cesareo vanno incontro a una grave complicazione emorragica del post partum. I principali fattori di rischio sono l’età superiore o uguale 35 anni, aver già avuto un taglio cesareo nelle precedenti gravidanze e partorire con taglio cesareo rispetto al parto vaginale. In forte crescita, a causa dell’aumento dei cesarei, le anomalie della placentazione che possono causare pericolose emorragie difficili da trattare. Su 590 gravi emorragie prese in esame, nel 44% dei casi è stato necessario asportare l’utero per arrestare l’emorragia.
Grazie ai risultati emersi dalla sorveglianza Itoss-Regioni, l’Iss ha avviato diverse azioni per migliorare l’assistenza e prevenire mortalità e malattia. Oltre a corsi di formazione a distanza gratuiti e accreditati Ecm sulla prevenzione e gestione della emorragia del post partum, coordinati dall’Iss, è stata realizzata una linea guida italiana su prevenzione e trattamento dell’evento. Sono state formulate poi raccomandazioni di buona pratica clinica sulla azioni chiave per la diagnosi e il trattamento appropriato di condizioni come la sepsi, le indicazioni alle tecniche di riproduzione assistita e l’importanza del vaccino antinfluenzale in gravidanza. In tema di ricerca, nel 2016 sarà concluso lo studio sui casi di grave morbosità materna da emorragia ostetrica, che ha coinvolto tutti i presidi dotati di ostetricia di 6 regioni rafforzando la rete della sorveglianza ostetrica. Le nuove conoscenze sulla emorragia del post partum che lo studio mette a disposizione dei clinici e dei decisori saranno utili per migliorare la qualità dell’assistenza al percorso nascita.
(Adnkronos)