Il “ricercato speciale” dell’astronomia planetaria continua a far parlare di sé. È il cosiddetto nono pianeta, o Pianeta X, annunciato lo scorso gennaio dai ricercatori del Caltech come estremo inquilino del nostro Sistema Solare.
Massa simile a Nettuno, orbita ellittica, 10 volte più lontano dal Sole rispetto a Plutone: gigante e lontanissimo, questo il primo identikit del Pianeta Nove, la cui esistenza è però stata dimostrata solo a livello teorico, per questo negli ultimi mesi gruppi internazionali di astronomi si sono attivati per trovare ulteriori indizi. Un nuovo risultato arriva ora dall’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA), che cerca di rispondere a uno dei grandi quesiti che ruotano attorno al Pianeta X: la sua possibile origine.
Ammesso che esista, il nono pianeta si è formato all’interno del nostro Sistema Solare? O ne è stato catturato in un secondo momento? L’approccio dei ricercatori del CfA per risolvere questi quesiti è stato di tipo probabilistico. Grazie a milioni di simulazioni al computer, hanno analizzato una serie di scenari possibili, calcolandone la probabilità. I risultati, accettati per la pubblicazione su Astrophysical Journal Letters, affermano che la soluzione più plausibile sia la formazione del Pianeta X in una regione piuttosto vicina al Sole. Sarebbe stata poi l’interazione con altri giganti gassosi, come Giove e Saturno, a deviarne l’orbita portandola nella lontana posizione attuale, spiega l’ASI.
“È come quando si spinge un bambino sull’altalena – dice Scott Kenyon del CfA – e lo si fa al momento giusto, ancora e ancora: l’altezza aumenta sempre di più. A questo punto la sfida diventa non spingere il pianeta così tanto da espellerlo dal nostro Sistema solare”. Una circostanza che secondo Kenyon e colleghi sarebbe evitata grazie alle interazioni con il disco gassoso del Sistema solare stesso. E così il lontanissimo nono pianeta se ne starebbe indisturbato sull’altalena del nostro sistema planetario, nonostante potrebbe essere nato molto più vicino a noi del previsto.
Non resta che continuare ad analizzare le probabilità che le cose siano andate davvero così: in attesa di trovare nuovi indizi dell’effettiva esistenza di questo misterioso abitante del cielo.