La vecchia credenza della nonna occupa troppo spazio in cantina? L’ennesimo trapano ricevuto a Natale è ancora impacchettato? La collezione di vestiti anni ’70 ha fatto il suo tempo? Nessun problema, la Circular Economy ci viene in soccorso e, in più, ci assicura uno sconto sulle tasse. Accade a Torino, la prima città europea a sperimentare un sistema di riduzione degli sprechi – scientificamente certificato da un pool di esperti – capace di offrire sconti reali sulla Tari, cioè sulla tassa dei rifiuti, a tutti quei cittadini che decidono di liberarsi di oggetti che non usano mettendoli in vendita in uno dei tanti negozi dell’usato della città. Il meccanismo è semplice, spiega Elena Fois per LaPresse: il cittadino porta all’esercizio commerciale il vecchio smartphone, il tavolo impolverato o gli abiti dei figli ormai cresciuti (ogni italiano ha, in media, 80 oggetti inutilizzati in casa) e il titolare del negozio gli consegna un documento nel quale viene indicato – in termini di CO2 – il risparmio ambientale determinato dalla decisione di rivendere l’oggetto invece di gettarlo nella spazzatura. Quando il bene verrà venduto il cittadino saprà anche a quanto ammonta lo sconto sulla Tari che sarà di qualche centesimo al chilo. “Ogni materiale sottratto al ciclo di smaltimento dei rifiuti – spiega l’assessore all’Ambiente del Comune di Torino, Enzo Lavolta – è, infatti, un costo inferiore per l’amministrazione comunale“.
SEI MESI DI SPERIMENTAZIONE. Il progetto è frutto di un protocollo d’intesa tra il Comune e la Rete Onu, cioè l’Associazione nazionale degli operatori dell’usato che, in Italia, dà lavoro a circa 100mila persone e che, secondo i dati Doxa, ha un volume d’affari pari a 18 miliardi di euro, circa l’1% del Pil. La sperimentazione durerà sei mesi e, al momento, hanno aderito i negozi di Mercatino Franchising, “ma tutti gli operatori possono accedere“, assicura Lavolta. In questa prima fase l’obiettivo è quello di “capire quale può essere l’impatto economico” per le casse comunali (visti gli sconti sulla Tari), spiega l’assessore all’Ambiente, “valutare l’adesione dei cittadini” al progetto e “allineare il sistema informatico“. Esiste, infatti, al momento, un problema tecnico: quando il cittadino riceve la certificazione dello ‘sconto’ dal negoziante deve consegnare il proprio codice fiscale che viene inserito in un apposito software il quale, a sua volta, rintraccia l’utente nella banca dati comunale dei tributi. Se si tratta di un capofamiglia – a cui, quindi, è intestata la bolletta dei rifiuti – il gioco è fatto. Ma se a vendere l’oggetto non è un capofamiglia? “A questo stiamo cercando una soluzione – dice Lavolta – e la sperimentazione serve proprio a darci il tempo per allineare il software“.
LA CIRCULAR ECONOMY CI SALVERA’? Il principio base è quello della responsabilità condivisa: “Non ci può essere un modello di sviluppo – spiega l’assessore all’Ambiente – senza corresponsabilità tra istituzioni e cittadini” e il Comune di Torino “sta puntando molto sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale“. Sì alla Green Economy, quindi, ma in direzione della Circular Economy, cioè quel sistema che – semplificando al massimo – passa dalla produzione sostenibile di una economia lineare alla ‘rigenerazione’ di ciò che già esiste, come accade ad esempio quando si decide di vendere o comprare un oggetto usato. “L’economia lineare – spiega Massimo Tellini, Global Head of Circular Economy di Intesa Sanpaolo – è morta: il concetto di riuso ci fa comprendere le prospettive che si aprono nel considerare il valore intrinseco dei beni. Il potenziale è enorme“. Anna Rossomando, deputata Pd, nel corso di un incontro alla terrazza Solferino definisce questo tipo di economia “una grande risorsa” e per questo a marzo ha presentato insieme ad altri deputati una proposta di legge per riconoscere “i benefici pubblici generati dall’attività del riutilizzo” chiedendo, tra le altre cose, l’eliminazione dell’Iva per gli operatori di settore perché, spiega, “non è giusto ripagarla su un oggetto che l’ha già pagata“.
I BENEFICI PER L’AMBIENTE. Ma quale risparmio ambientale si può ottenere evitando di gettare nei rifiuti ciò che non serve e preferendo, invece, dare agli oggetti una seconda chance? Come spiega Sebastiano Marinaccio, vicepresidente della Rete Onu, in 12 mesi, da novembre 2014 a ottobre 2015, l’attività di Mercatino Franchising (di cui lo stesso Marinaccio è presidente) nella provincia di Torino ha permesso di recuperare 1 milione e 307mila oggetti, equivalenti a 3.057 tonnellate di ‘mancati’ rifiuti e di 13.789 tonnellate di Co2: per dare un’idea della grandezza, gli oggetti in vendita, se messi uno sull’altro, si trasformerebbero in 30 palazzi di 15 piani o in 3367 camion lunghi 16 metri ciascuno.