Tumore al pancreas, gli oncologi: “Solo nei centri di riferimento possiamo garantire la migliore assistenza”

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Troppi interventi chirurgici contro il tumore del pancreas sono svolti in strutture che ne svolgono meno di 20 l’anno. Si tratta del numero minino raccomandato dalle linee guida internazionali e dalle istituzioni sanitarie italiane. La garanzia di un’adeguata diagnosi e cura richiede invece la definizione di percorsi diagnostici-terapeutici organizzati in rete e con centri di riferimento definiti per competenze professionali, volumi di attività e tecnologie disponibili”. E’ questo l’appello lanciato dagli esperti riuniti a Verona per il convegno nazionale Advances in Oncology focus sul carcinoma del pancreas. L’evento vede la partecipazione dei più importanti esperti sulla neoplasia e di diversi rappresentanti delle associazioni di pazienti. “La chirurgia del cancro al pancreas è estremamente complessa – afferma il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. Richiede un approccio multidisciplinare e una formazione di equipe che possono essere garantiti solo in centri ad ‘alto volume’ che trattano ogni anno un numero sufficiente di casi. Da un’indagine svolta su OncoGuida, che è il servizio di informazione per malati del Ministero della Salute-ISS e AIMaC, emerge invece una realtà diversa. Alcune Regioni non hanno nemmeno una struttura sanitaria che rispetta questi parametri. Per garantire la migliore assistenza possibile a tutti è necessario prevedere una sempre maggiore collaborazione tra i centri”. “E’ una neoplasia particolarmente insidiosa – aggiunge il prof. Claudio Bassi, Direttore dell’Istituto del Pancreas dell’Azienda Ospedaliera di Verona e co-presidente del convegno nazionale organizzato nella città scaligera -. Colpisce ogni anno 12.500 italiani e nonostante la sua bassa incidenza ha una mortalità molto elevata. Non esiste uno screening per individuare diagnosi precoci e quindi siamo costretti ad intervenire quando la situazione è già complessa con interventi gravati da molte e pericolose complicanze. Per tutti questi motivi non è più accettabile che alcuni pazienti siano operati in centri che svolgono uno o due interventi l’anno. Solo attraverso la giusta specializzazione si può curare la patologia”. “Oggi dopo cinque anni dalla diagnosi del cancro sopravvive il 7% degli uomini ed il 9% delle donnesottolinea il prof. Giampaolo Tortora, Direttore dell’Oncologia Universitaria e dell’Azienda Ospedaliera di Verona e co-presidente del convegno -. Diagnosi tardive, pochi sintomi evidenti e la velocità di evoluzione del tumore sono le principali cause per cui abbiamo ancora esiti infausti. Oltre la metà dei casi viene diagnosticata quando la malattia è già in fase metastatica. Se vogliamo dare nuove speranze ai pazienti è necessario riorganizzare anche l’attuale sistema di cure e investire maggiori risorse nella ricerca medico-scientifica”.

La ricerca clinica sta portando comunque risultati, come si ribadisce al convegno di Verona. Una delle ultime armi a disposizione degli oncologi è il Nab-paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina formulato in nanoparticelle) che sfrutta la nanotecnologia per migliorare la somministrazione della terapia. “Grazie all’albumina, una proteina già presente nell’organismo umano, possiamo trasportare il chemioterapico direttamente nella sede del tumoresottolinea il prof. Tortora -. Nab-paclitaxel ha dimostrato risultati positivi nel trattamento del carcinoma mammario e polmonare e ha dimostrato di essere efficace anche per quello del pancreas. Migliora in maniera significativa la sopravvivenza globale e presenta minore tossicità rispetto ad altre cure. Inoltre il farmaco, associato alla gemcitabina, ha dato risultati positivi, permettendo di avere pazienti lungo sopravviventi a 3 anni e mezzo (3% pazienti vivi nel braccio nab-paclitaxel + gemcitabina vs 0% pazienti vivi nel braccio con sola gemcitabina)”.

“Solo il 3% dei pazienti afflitti dalla neoplasia riesce a guariresostiene il prof. Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) -. Le possibilità per il mondo del volontariato di reclutare persone con queste esperienze sono perciò molto ridotte. A differenza di altri Paesi, come l’Inghilterra, in Italia non sono attive associazioni di malati. Questo rende ancora più difficile affrontare la patologia. La nostra Federazione, insieme alle associazioni di medici, è da anni impegnata affinché sul tumore del pancreas sia prestata maggiore attenzione da parte di tutti. Aumentare l’informazione e il dibattito sulla malattia attraverso campagne ed eventi specifici deve essere il nostro primo obiettivo. E’ una forma di cancro, quella del pancreas, che riceve solo il 2% dei finanziamenti per la ricerca a livello europeo. Dal 2014, il volontariato oncologico, attraverso la European Cancer Patients Coalition, ha pertanto promosso una mobilitazione generale attraverso la costituzione della Piattaforma Europea per il Tumore del Pancreas (EPPC), a cui hanno aderito clinici, ricercatori, politici e rappresentanti dell’industria farmaceutica, con l’obiettivo di delineare una strategia condivisa e sensibilizzare l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori. La Piattaforma ha anche contribuito all’elaborazione della ‘Dichiarazione sul Tumore del Pancreas’, sottoscritta da più di 50 parlamentari europei, per portare questa neoplasia al centro del dibattito parlamentare, creare politiche specifiche per dare una risposta ai bisogni dei malati e adottare iniziative concrete per migliorare la loro qualità di vita. Altra iniziativa promossa dalla Piattaforma è il World Pancreatic Cancer Day, che dal 2015 è celebrato in Italia da FAVO”.

Sempre in occasione nel convegno viene presentato anche il progetto AIOM Cooking, Comfort, Care. Una campagna internazionale che ha l’obiettivo di favorire corretti stili alimentari a misura di paziente colpito da carcinoma pancreatico. Su www.aiom.it è stata attivata una sezione dove è possibile trovare tante ricette semplici ma gustose, rispettose delle esigenze del malato ma adatte anche al resto della famiglia e caregivers. “Durante le cure oncologiche la qualità di vita passa anche dalla tavolaaggiunge il prof. Pinto -. Alimentarsi in modo adeguato evita la perdita di peso, riduce le tossicità provocate dalla chemio o dalla radioterapia, rinforza le difese dell’organismo e previene le complicanze post operatorie. Con questa campagna vogliamo aiutare le persone alle prese con nausea, vomito, diarrea, rifiuto del cibo e tutti gli altri effetti collaterali provocati dai trattamenti antitumorali”. Cooking, Comfort, Care è reso possibile grazie al contributo non condizionato di Celgene. “Siamo orgogliosi di sostenere questa importante iniziativa così come l’impegno nella lotta al tumore del pancreas in partnership con le Società Scientifiche e le Associazioni Pazienticonclude Pasquale Frega, Presidente e Amministratore Delegato di Celgene Italia -. La nostra azienda da dieci anni in Italia si prende cura dei pazienti e dei loro bisogni ed è impegnata nello sviluppare terapie innovative e mirate che contribuiscono in modo rilevante a migliorare e prolungare la loro salute. Ma siamo convinti che il nostro ruolo debba andare anche oltre l’innovazione in medicina. Quindi promuoviamo campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione e sosteniamo la ricerca scientifica d’avanguardia”.

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